Indice
EDITORIALE - Salute e prevenzione: buoni propositi per l’anno che verrà
BAMBINI ED EMOZIONI - "Oltre la paura: guidare i bambini verso il coraggio" - Federica Baruchello
PROGRAMMA IL FUTURO - "Rendi visibile l'invisibile" - Francesco Lacchia
SALUTE E METODOLOGIE - "Valutare la salute aziendale: quali strumenti usare?" - Giuseppe Caliccia
SALUTE E SICUREZZA - "Intelligenza artificiale e scuola" - A cura di Reputation Agency
EDITORIALE - "Salute e prevenzione: buoni propositi per l’anno che verrà" - Giuseppe de Paoli
In questo numero che chiude l’anno 2024 abbiamo voluto affrontare il tema della salute, sia del singolo che della società, considerato che essa rappresenta un bene comune senza il quale non si può pensare a nessun futuro. È ormai ampiamente accettato il significato esteso di salute che, come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, guarda oltre “la malattia” e verso un benessere completo della persona, sul piano fisico, mentale e sociale.
La promozione della salute diventa ancora più rilevante in un paese – come il nostro – che invecchia rapidamente, e che richiede necessari interventi per la prevenzione.
Ma come può il nostro Paese affrontare questa sfida così complessa? Un approccio concreto è quello proposto nell’intervista da Giordano Fatali, presidente e fondatore di CEOforLIFE, una community che ha già accolto più di 300 amministratori e delegati di aziende nazionali e multinazionali, per cercare di sviluppare un cambiamento in ambiti significativi, come la transizione energetica, la salute e il welfare, l’innovazione e la ricerca, il turismo sostenibile.
Parlare di benessere significa anche affrontare il tema delle emozioni, a partire da quelle dei bambini. La paura, ad esempio, si manifesta attraverso segnali come il mal di pancia, notti insonni, pianti improvvisi, e spesso i genitori non dispongono delle conoscenze e degli strumenti adatti a gestire queste problematiche nel quotidiano. La psicoterapeuta Federica Baruchello invita tutti gli adulti – genitori, insegnanti, educatori – a supportare i più piccoli nel favorire un dialogo che li incoraggi a sperimentare e trarre insegnamenti senza evitare ciò che temono.
Stare in salute significa anche adottare le buone abitudini, come ci indicano Francesco Santi e Francesca Alessandro, i quali si focalizzano sull’importanza del respiro, che accompagna ogni istante della nostra vita. Peraltro, è noto che molte tecniche di gestione dello stress si basano proprio su esercizi respiratori, così come per calmare disturbi ansiosi.
Alla salute si associa strettamente il tema della comunicazione. Nel caso delle malattie rare, ad esempio, argomento affrontato dalla psicoterapeuta Antonella Esposito, la complessità è tale da richiedere modelli di comunicazione capaci di motivare un effettivo cambiamento nel soggetto che vive l’esperienza, nonché favorire un diverso atteggiamento dei familiari, «perché non si tratta solo di trasmettere informazioni mediche, ma di accompagnare il paziente e la sua famiglia in un percorso di comprensione e accettazione».
La salute costa per il sistema sanitario. Ma stiamo investendo nel modo giusto? Se lo chiede Marco Mozzoni, che nel suo pezzo richiama anche il gruppo di ricerca, l’Oxford Mental Health Economics and Policy (OMHEP), istituito recentemente presso il dipartimento di Psichiatria, con l’obiettivo ultimo di aiutare i politici a prendere “decisioni informate”.
Altra questione importante è come misurare la salute nei contesti aziendali. Giuseppe Caliccia, sociologo e metodologo, sottolinea come studiare la qualità della vita lavorativa e il clima aziendale in modo corretto non è un’attività superficiale «poiché la salute di un’azienda – intesa come qualità delle relazioni, condizioni di lavoro e dinamiche di leadership – ha effetti diretti sulla salute dei lavoratori».
Infine, la campagna EU-OSHA “Lavoro sicuro e sano nell’era digitale 2023-2025”, che ci accompagnerà ancora per il prossimo anno e si snoderà nei diversi ambiti prioritari indicati dall’Agenzia. In questo numero viene dedicata particolare attenzione al settore dell’istruzione, considerato ad alto rischio per la complicata gestione dell’IA, che pone anche dei rischi di salute mentale.
Buona lettura!
INIZIATIVE
PREMIO ECONOMIA DEL FUTURO
Il 22 novembre a Torino si è tenuta la quarta edizione del Premio Economia del Futuro, iniziativa organizzata dal Polo del Gusto e Forbes Italia per promuovere un’economia di mercato più responsabile, una cultura imprenditoriale moderna che valorizzi il rispetto delle risorse in tutta la filiera. L’azienda che si è aggiudicata la vittoria nel 2024 è stata Boniviri, una società benefit con sede a Catania, premiata dalla giuria per avere creato una dispensa di prodotti sostenibili, salutari e di eccellenza e per il suo impegno a valorizzare le aziende agricole sul territorio.
Fonte: https://forbes.it/2024/11/26/premio-economia-del-futuro-2024-azienda-catanese-boniviri/.
L’INNOVAZIONE DIGITALE INCONTRA LA TRADIZIONE
L’iniziativa “Le biblioteche: dai codici al codice digitale” nasce dalla collaborazione tra la Pontificia Università Antonianum e il Centro Ricerche Themis, al fine di creare occasioni di dialogo tra innovazione e tradizione nell’ambito dell’alta formazione e della ricerca scientifica, oltre a “sensibilizzare sui temi della digitalizzazione. Dopo il primo incontro inaugurale avvenuto il 3 dicembre presso la Biblioteca dell’Ateneo, i prossimi appuntamenti si snoderanno nel 2025, anno delle celebrazioni del Giubileo, toccando diversi argomenti, tra i quali l’intelligenza artificiale, l’identità digitale e gli scenari a livello europeo, la sicurezza in rete, la necessità di adoperarsi per una cultura della consapevolezza digitale.
Fonte: https://www.antonianum.eu/news/le-biblioteche-dai-codici-al-codice-digitale/
GLOBAL WELFARE SUMMIT 2024
Il 23 ottobre si è svolta a Roma la prima edizione del Global Welfare Summit. L’appuntamento ha visto impegnati esperti del settore, aziende e istituzioni per confrontarsi sul futuro del welfare, inteso come motore di sostenibilità sociale attraverso modelli inclusivi, sostenibili e innovativi, sulle buone pratiche di welfare e sulla loro applicazione nel contesto italiano.
Durante la manifestazione, l’Osservatorio Italian Welfare ha consegnato undici premi ad altrettante aziende, valorizzando il loro impegno sul tema attraverso quattro diverse declinazioni: cinque aziende si sono distinte per il miglior modello di Global Welfare, ovvero di benessere globale (Autostrade per l’Italia, Chiesi, Enel, Intesa Sanpaolo, UniCredit), due aziende per le loro buone pratiche di welfare in area sostenibilità sociale (Eni e Sanofi), due aziende per il loro impegno in materia di welfare e inclusività (Terna e Tim), due aziende per valorizzare le loro azioni strategiche di educazione legata al welfare (Pirelli e Fastweb).
Fonte: https://globalwelfaresummit.com/comunicato-stampa-premiazioni/
GIUBILEO 2025
Il 24 dicembre 2024 alle ore 19.00, con il rito di Apertura della Porta Santa della Basilica Papale di San Pietro da parte del Santo Padre, si aprirà ufficialmente il Giubileo 2025. A seguire ci sarà l’apertura delle Porte delle Basiliche papali di Roma (San Giovanni in Laterano, Basilica di Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura).
Un anno ricco di appuntamenti che è possibile consultare qui:
https://www.iubilaeum2025.va/it/pellegrinaggio/calendario-giubileo.html
GUERRE E PACI A TORINO
Torna a Torino dal 26 al 30 marzo 2025 Biennale Democrazia, un progetto della Città di Torino, realizzato dalla Fondazione per la Cultura Torino, in collaborazione con il Polo del ’900, l’Università di Torino e il Politecnico di Torino. L’edizione 2025 ha come titolo Guerre e Paci, ed è dedicata al conflitto, alla violenza e alla guerra, alla luce della persistente minaccia di scontri interni alle società democratiche e dell’attuale scenario di crescente tensione globale.
Fonte: https://biennaledemocrazia.it/biennale-democrazia-2025/
FESTIVAL DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE
Dal 7 al 23 maggio 2025 si svolgerà il Festival dello Sviluppo Sostenibile, la più grande iniziativa italiana per sensibilizzare e mobilitare cittadini, imprese, associazioni e istituzioni sui temi della sostenibilità economica, sociale e ambientale, e realizzare un cambiamento culturale e politico che consenta all’Italia di attuare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Organizzato dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), il Festival si svolge su tutto il territorio nazionale nell’arco di 17 giorni, tanti quanti sono gli SDGs, con un calendario ricco di convegni, seminari, workshop, mostre, spettacoli, eventi sportivi, presentazioni di libri, documentari e molto altro ancora.
Fonte: https://asvis.it/festival-dello-sviluppo-sostenibile/
L’INTERVISTA - "Una nuova community per l’Italia. Come attuare il cambiamento" - Intervista a Giordano Fatali, presidente e fondatore di CEOforLIFE - A cura di Giuseppe de Paoli
Un movimento culturale che ha intrapreso un cammino che può “fare la differenza” per il Paese. È questo CEOforLIFE, una community che accoglie più di 300 amministratori delegati di aziende nazionali e multinazionali, per attuare un cambiamento in ambiti significativi, come la transizione energetica, la salute e il welfare, l’innovazione e la ricerca, il turismo sostenibile.
Ne parliamo con Giordano Fatali, Presidente e fondatore di CEOforLIFE, psicologo del lavoro e delle organizzazioni, con una grande esperienza in ambito risorse umane.
Come nasce CEOforLIFE?
CEOforLIFE nasce per cambiare il sistema Paese. L’idea alla base, come dice il nome stesso, è quella di mettere insieme le migliori menti del Paese, i leader più visionari, i CEO, ma anche le Istituzioni, le associazioni, gli studenti e le nuove generazioni, così come tutti gli stakeholder, per lavorare insieme su progetti di sviluppo sostenibile, lavorare insieme per la vita. In CEOforLIFE ci adoperiamo per promuovere una cultura della sostenibilità che possa definire un cambiamento significativo del modo di fare business in Italia. La sostenibilità, infatti, non è più un’opzione, ma una necessità strategica per le imprese che vogliono essere competitive e resilienti nel lungo periodo. Quando si parla di sostenibilità non posso non citare quanto ci ha detto il Ministro Pichetto Fratin che è stato con noi ai CEOforLIFE Awards: “CEOforLIFE rappresenta la voce delle aziende più importanti e innovative, che sono anche un veicolo di informazione che aiutano a realizzare l’impegno di sostenibilità come un dovere per la realtà con cui ci confrontiamo e come un’opportunità per il futuro”.
Da anni come CEOforLIFE stiamo lavorando, insieme a tutti i nostri CEO, per la costruzione di sistemi produttivi, sociali, politici e formativi sostenibili che siano a favore della vita e del genere umano. Crediamo in un futuro migliore per il nostro Paese e per l’umanità tutta. Promuoviamo lo sviluppo del business sostenibile, dove gli interessi di parte, del singolo, coincidono con quelli della collettività. Stiamo sviluppando le nostre imprese, tutti insieme, per una crescita del Sistema Italia finalizzata a realizzare la costruzione di un Paese più giusto, più bello e più sostenibile.
Lo stiamo facendo per le nuove generazioni e insieme alle nuove generazioni. Da questa missione nascono gli Osservatori Nazionali sulla Sostenibilità di CEOforLIFE, che sono piattaforme permanenti di business collaboration in cui aziende, istituzioni, associazioni, next generation, collaborano per esaminare e affrontare le sfide cruciali del Paese, in linea con quelle delineate nell’Agenda 2030 dell’ONU.
In che modo le aziende che hanno aderito al vostro progetto possono contribuire al miglioramento della vita delle persone?
L’ultima edizione dei CEOforLIFE Awards, giunta alla quarta, che si è tenuta lo scorso mese di ottobre con 8 appuntamenti, ha visto la partecipazione di oltre 300 CEO e rappresentanti delle istituzioni italiane tra Ministri, Sottosegretari, Presidenti di Commissione e tanti altri. Con questo abbiamo voluto mettere in luce l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato.
Il dialogo pubblico-privato è fondamentale per promuovere la transizione sostenibile, in quanto consente di condividere idee e strategie e di trovare soluzioni condivise. Per questo vogliamo continuare a promuovere il dialogo pubblico-privato, organizzando tavole rotonde e momenti di confronto che consentono ai CEO di confrontarsi con istituzioni e stakeholder. E vogliamo anche supportare le imprese italiane nel loro percorso di transizione sostenibile, attraverso iniziative di varia natura.
Tra le principali evidenze emerse sappiamo bene che la sostenibilità è ormai una priorità strategica per le imprese italiane, che stanno investendo sempre di più in iniziative sostenibili. Le imprese italiane hanno un ruolo importante da svolgere nella promozione della sostenibilità, in quanto possono contribuire a creare un futuro più sostenibile per il Paese e quindi per tutte le persone.
Avete previsto delle task force nazionali che coinvolgono menti brillanti disposte a mettersi in gioco per costruire qualcosa di significativo. Una di queste si concentra su diversità, inclusione e benessere psicologico. Ci puoi dire qualcosa di più? Quali sono i risultati attesi?
Tra gli obiettivi che tutti conosciamo ormai abbastanza bene, dobbiamo ricordare in particolar modo quello che riguarda proprio il benessere umano. Dati e ricerche dimostrano che promuovere la giustizia sociale, garantire condizioni di lavoro dignitose e l’uguaglianza di genere sono aspetti essenziali per una società sostenibile. Sulla diversità, mi sento di dire che è considerata un vantaggio competitivo e la promozione di una cultura inclusiva è essenziale per attrarre e trattenere talenti.
Sostenibilità e benessere psicologico sono due concetti interconnessi che riguardano il benessere dell’individuo e dell’ambiente in cui vive. Per esempio anche fare scelte di consumo più sostenibili può contribuire al benessere psicologico. Sapere di agire in modo etico e sostenibile può aumentare la soddisfazione personale e ridurre la sensazione di colpa legata a impatti negativi sull’ambiente. Così come vivere in comunità sostenibili o partecipare a iniziative di condivisione e solidarietà può migliorare il benessere psicologico. Il senso di appartenenza e la collaborazione con gli altri sono fondamentali per il nostro benessere.
Un altro elemento imprescindibile è la pianificazione dell’inclusione. Ormai è quasi superfluo dirlo ma in tutte le aziende si attuano azioni DEI (Diversity Equity Inclusion): le aziende stanno sviluppando e adottando politiche e procedure per garantire l’inclusione. Questo può includere la creazione di programmi di sensibilizzazione, formazione per il personale e l’assegnazione di risorse per l’accessibilità fisica e digitale. Non dimentichiamo poi, per esempio, gli adattamenti delle mansioni lavorative che possono includere la fornitura di tecnologie assistive, l’aggiustamento degli orari di lavoro, la modifica delle attrezzature o l’assegnazione di compiti diversi.
Poi ci sono gli aspetti più noti ma non per questo meno centrali, come la comunicazione e la sensibilizzazione: è importante promuovere una cultura aziendale inclusiva e sensibilizzare i dipendenti sulle sfide e le opportunità, questo può aiutare a ridurre pregiudizi e stereotipi. Molti dei nostri CEO nelle loro aziende hanno portato iniziative esemplari anche su queste tematiche con progetti concreti che abbiamo premiato con piacere ai nostri CEOforLIFE Awards.
Dal lavoro che faremo con le nostre Task Force, ci aspettiamo sicuramente un confronto costruttivo dal quale esca un output che tracci una strada verso un cambiamento concreto. Noi siamo per fare le cose e farle bene e soprattutto vogliamo vederne i risultati.
Secondo la tua esperienza, in che modo le politiche che favoriscono salute e benessere hanno una ricaduta positiva sulla reputazione aziendale?
Dall’OMS all’Organizzazione Internazionale del Lavoro (IOL) si susseguono le denunce per l’elevata presenza di disturbi mentali e sindromi da stress eccessivo negli uffici.
Secondo un’indagine di Great Place to Work, il 65% delle 900 aziende europee analizzate considera la salute e il benessere una priorità strategica. Numerose ricerche dimostrano una correlazione positiva tra programmi di benessere aziendale e la produttività, la soddisfazione dei dipendenti e la riduzione dei costi sanitari.
Come tutti saprete, trattare il benessere in generale e il benessere psicologico è una questione complessa e multidimensionale, e la sua relazione con il lavoro dipende da molteplici fattori. Spesso, l’ambiente di lavoro, le politiche aziendali e le risorse per il benessere possono influire notevolmente sulla salute dei dipendenti. Pertanto, è fondamentale che le organizzazioni adottino politiche e pratiche che promuovano un ambiente di lavoro sano e che forniscono supporto ai dipendenti che possono affrontare problemi di salute. Anche questo è sostenibilità.
Quali le vostre priorità per l’anno in arrivo?
Sicuramente lavorare con le Task Force. Abbiamo così tanti CEO, istituzioni, amici e sostenitori che organizzare tutto al meglio richiede impegno e attenzione costanti. Come dicevo siamo molto operativi e concreti e l’obiettivo per il prossimo anno è proprio quello di coinvolgere tutti i nostri stakeholder e farli lavorare insieme su progetti condivisi. Noi lavoriamo su tre direttrici: progetti, leggi, cultura. Progetti interaziendali di business sostenibile, drafting legislativo partecipato, iniziative di sensibilizzazione culturale. Abbiamo un calendario ben definito con una serie di round table, Giornate Nazionali e Awards. Siamo felici di avere un grande seguito e un ottimo riscontro da tutte le parti coinvolte, ciò significa che stiamo lavorando bene e andiamo nella giusta direzione quella che ci porta, come dico sempre, a un’Italia più bella, più giusta e più sostenibile.
SALUTE E SOCIETÀ - "“Consegne rare”: comunicare con il paziente in modo efficace" - Antonella Esposito
Il modello della Comunicazione Integrata e Trasformativa del Sé (CITS)
Da oltre vent’anni sono immersa nel mondo delle malattie rare, sia come caregiver che come studiosa, nello specifico come psicoterapeuta. Questa esperienza mi ha permesso di comprendere profondamente le complessità e le necessità delle persone che convivono con queste patologie e quelle delle loro famiglie. E soprattutto di studiare da vicino l’effetto che la consegna della diagnosi di malattia rara ha sulla persona e sul suo nucleo familiare di appartenenza, per trovare una modalità di intervento efficace, replicabile e trasversale alle diverse condizioni.
Facciamo un passetto indietro. Cosa sono le malattie rare?
Le malattie rare sono definite tali quando colpiscono non più di 5 individui ogni 10.000 persone (Istituto Superiore di Sanità - ISS). Nonostante la loro bassa prevalenza individuale, esistono migliaia di malattie rare, con stime che variano tra 6.000 e 8.000 patologie identificate. E fra queste ne esistono alcune che sono definite ultra-rare perché interessano 1 individuo ogni 50.000.
In Italia, le malattie rare colpiscono circa 2 milioni di persone, con una prevalenza stimata di 20 casi ogni 10.000 abitanti. Ogni anno si registrano circa 19.000 nuovi casi, secondo i dati coordinati dal Registro Nazionale Malattie Rare dell’ISS. La maggior parte dei pazienti con malattia rara in Italia (circa il 70%) sono bambini e adolescenti, riflettendo quindi una significativa prevalenza pediatrica.
Le malattie rare più frequenti nei pazienti pediatrici includono malformazioni congenite e malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione o del metabolismo, e disturbi immunitari. Negli adulti, invece, prevalgono le patologie del sistema nervoso e degli organi di senso, nonché le malattie del sangue e degli organi ematopoietici.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere la ricerca, dal 2008 su iniziativa di EURORDIS, l’alleanza europea per le malattie rare, si celebra la Giornata Mondiale delle Malattie Rare il 29 febbraio, un giorno “raro” che sottolinea la peculiarità di queste condizioni.
Negli anni non bisestili, la ricorrenza si celebra il 28 febbraio. In Italia, UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare – coordina le iniziative legate a questa giornata, promuovendo eventi e campagne di sensibilizzazione su tutto il territorio nazionale.
Le associazioni e le federazioni svolgono un ruolo cruciale nel supporto ai pazienti e alle loro famiglie. Oltre a UNIAMO ed EURORDIS, esistono numerose organizzazioni che offrono sostegno, informazioni e advocacy per specifiche malattie rare: Associazioni in Rete Telethon, OMAR Osservatorio Malattie Rare, CoLMaRe onlus e tante tante altre. Queste realtà collaborano con istituzioni sanitarie e di ricerca per migliorare la qualità della vita delle persone affette e promuovere l’accesso a diagnosi e terapie adeguate.
La comunicazione nella consegna di una diagnosi di malattia rara è un processo delicato e molto articolato. Non si tratta solo di trasmettere informazioni mediche, ma di accompagnare il paziente e la sua famiglia in un percorso di comprensione e accettazione. Nel corso dell’ultimo decennio abbiamo assistito e promosso un cambiamento di paradigma e dalla comunicazione della diagnosi “medico-centrica” stiamo volgendo verso una comunicazione della diagnosi che si avvalga di una equipe multidisciplinare sotto la supervisione e il coordinamento dello psicoterapeuta esperto di malattie rare. A sottolineare che le parole che utilizziamo hanno un valore enorme ma che non basta essere “empatici, fluenti e socievoli” ma che di comunicazione se ne devono occupare gli esperti di comunicazione e di “comunicazioni rare” gli psicoterapeuti formati in malattie rare. In quella consegna passano emozioni che andranno a ridefinire e costruire il senso di Sé della persona che riceve la diagnosi e la sua dotazione emotiva interna a vita.
Nei tanti anni di osservazione e approcci clinici con pazienti e famiglie a cui era stata data comunicazione della diagnosi in modalità, contesti e spiegazioni per lo più traumatiche e destabilizzanti, ho quindi costruito e sperimentato un modello teorico e di intervento terapeutico per le “consegne rare”.
La Comunicazione Integrata e Trasformativa del Sé (CITS) è un modello che mira a trasformare l’evento della diagnosi in un’opportunità di crescita psicologica e resilienza. Questo approccio si basa sulla teoria post-razionalista di Vittorio Guidano (1992) e sul costruttivismo di John Bowlby (1989), enfatizzando l’importanza delle relazioni di supporto e della co-costruzione del significato dell’esperienza.
Il Modello è stato validato empiricamente nell’ambito di una ricerca psicosociale (2024), condotta dal Centro Thélema - Psicoterapia e Riabilitazione in collaborazione con il Policlinico Umberto I di Roma, sulla “Qualità della vita e Consegna della Diagnosi nelle Malattie Rare e Sindromi Genetiche” su un campione di 844 persone suddiviso in due sottocampioni di 437 individui con malattia rara e 407 caregiver, stratificato per genere, area geografica e classe di patologia.
Un esempio concreto dell’applicazione del modello CITS riguarda una coppia di genitori che, dopo aver ricevuto durante la gravidanza la diagnosi di sindrome di Klinefelter per il loro figlio, ha “scelto” di non comunicargliela fino all’età di dodici anni. Una scelta che trascura l’importanza dell’interiorizzazione della diagnosi per uno sviluppo armonioso del Sé. Questo ritardo ha generato in loro un accumulo di emozioni non elaborate, come paura e senso di colpa. Attraverso il “metodo della moviola” di V. Guidano, i genitori hanno rivisitato il momento della diagnosi, affrontando e rielaborando le proprie emozioni. Questo processo ha permesso loro di sviluppare una narrazione più autentica e serena, fondamentale per comunicare la diagnosi al figlio in modo chiaro e accogliente. La ristrutturazione emotiva dei genitori e la comunicazione della diagnosi hanno creato un nuovo spazio di dialogo, in cui il figlio si è sentito libero di essere se stesso e di esplorare il proprio futuro con curiosità, senza essere limitato dalla paura del giudizio.
La Comunicazione Integrata e Trasformativa del Sé diventa così uno strumento potente per permettere a ogni persona coinvolta di trovare il proprio equilibrio e di affrontare le sfide della malattia rara con una nuova prospettiva. La diagnosi non è più solo un evento doloroso, ma un capitolo della storia familiare, che, sebbene complesso, è carico di significato e di prospettive alternative.
In conclusione, la comunicazione esperta nella consegna di una diagnosi di malattia rara è fondamentale per il benessere psicologico del paziente.
Modelli come quello proposto offrono strumenti preziosi per supportare le persone in questo percorso, promuovendo la resilienza e una migliore qualità della vita.
Il passo da compiere è quello dell’adozione del modello in contesti ospedalieri e clinici di consegna della diagnosi di malattia rara, cronica, sindromi genetiche e disabilità per limitare l’impatto traumatico e avvalersi di un supporto psicologico immediato.
Bibliografia
Guidano V.F. (1992), Il sé nel suo divenire. Verso una terapia cognitiva post-razionalista, Bollati Boringhieri, Torino.
Bowlby J. (1989), Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Raffaello Cortina Editore, Milano.
BAMBINI ED EMOZIONI - "Oltre la paura: guidare i bambini verso il coraggio" - Federica Baruchello
Superare la paura non è mai semplice, soprattutto per i bambini. Spesso, questa emozione si manifesta attraverso segnali evidenti: mal di pancia, notti insonni, pianti improvvisi o il rifiuto di affrontare situazioni quotidiane come andare a scuola. Questi segnali non devono essere ignorati, ma compresi e affrontati, trasformandoli in un’opportunità di miglioramento. Per aiutare i bambini a gestire le loro paure, è essenziale partire dalla comprensione di questa emozione. La paura, infatti, è un campanello d’allarme che segnala un pericolo, ma può diventare limitante quando influenza eccessivamente le azioni.
È compito degli adulti – genitori, insegnanti, educatori – supportare i più piccoli nel favorire un dialogo che li incoraggi a sperimentare e trarre insegnamenti senza evitare ciò che temono. Una strategia utile è riconoscere un pensiero bloccante “non ce la posso fare” per trasformarlo in uno più sfidante “come potrei farcela?”. Questa semplice ristrutturazione cognitiva può aiutare i bambini a sviluppare il senso di autoefficacia, un elemento fondamentale per affrontare le sfide della vita.
Affinché questo processo si realizzi, è importante ricordare il ruolo cruciale degli adulti come specchio emotivo nel processo di gestione della paura. Conoscere e applicare “buone pratiche educative” equivale a creare un ambiente sfidante, che favorisca il superamento dei timori. Troppo spesso, tuttavia, il dialogo adulto-bambino viene sostituito dalla tecnologia: tablet e smartphone diventano babysitter virtuali, privando i bambini di quella relazione umana indispensabile per il loro sviluppo emotivo. L’uso eccessivo della tecnologia non solo riduce il tempo dedicato alla comunicazione diretta, ma può anche generare nuove insicurezze. I bambini che trovano conforto negli schermi potrebbero incontrare difficoltà nel gestire alcune emozioni o nel confrontarsi con situazioni non filtrate, stimoli che la loro giovane mente, ancora in fase di maturazione, fatica a elaborare. Non si tratta di demonizzare i dispositivi elettronici, ma di promuoverne un utilizzo equilibrato, privilegiando elementi come la voce e lo sguardo.
Un efficace strumento per aiutare i bambini a gestire le loro paure è l’utilizzo dell’immaginazione e della proiezione. Attraverso racconti, fumetti, giochi e disegni, i più piccoli possono rielaborare le situazioni che li spaventano, esplorando soluzioni alternative e costruendo una sorta di “asterisco cognitivo”: un insieme di possibilità per affrontare ciò che li preoccupa. Visualizzare un problema in modo più gestibile, ad esempio immaginando anche un lieto fine, consente loro di prenderne le distanze, osservarlo da prospettive diverse e sviluppare un nuovo pensiero che li aiuti ad affrontarlo. Questa tecnica, apparentemente semplice, ha un impatto significativo sullo sviluppo delle capacità di problem solving e sul rafforzamento dell’autostima.
Far sì che i bambini affrontino le loro paure senza evitarle non è una responsabilità esclusiva dei genitori. Il supporto di figure professionali, come educatori e insegnanti, può rivelarsi fondamentale, soprattutto quando le paure si trasformano in ostacoli che compromettono la serenità e il benessere dei più piccoli. Questo contributo, pertanto, non dovrebbe limitarsi a lenire il disagio immediato, ma mirare a fornire strumenti preziosi e duraturi, una sorta di “cassetta degli attrezzi” per affrontare le sfide future. Insegnare ai bambini ad accettare la paura e a trasformarla in uno stimolo per superare i propri limiti significa prepararli a vivere senza inutili evitamenti, affrontando la vita con coraggio. Ogni paura superata, o anche solo ogni tentativo di affrontarla, rappresenta una lezione di vita indispensabile, capace di rafforzare il carattere e di aprire nuove opportunità.
In fondo, ogni piccola vittoria contro la paura è un passo avanti nella costruzione di un ponte verso un futuro più sereno e ricco di conquiste, dove pensiero, emozione e azione guidano i bambini verso una vita qualitativamente più ricca.
PROGRAMMA IL FUTURO - "Rendi visibile l'invisibile. L’Ora del Codice 2024" - Francesco Lacchia
Il progetto “Programma il Futuro”, promosso dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e realizzato dal Laboratorio “Informatica e Scuola” del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica) anche quest’anno ha supportato l’organizzazione statunitense Code.org – di cui è il partner italiano – nella diffusione dell’Ora del Codice. Si tratta di un’iniziativa globale, che consiste nel proporre una lezione di un’ora di avviamento alle basi dell’informatica, dando al maggior numero possibile di studenti l’opportunità di avvicinarsi a questa disciplina.
Gli insegnanti sono invitati a svolgere attività dell’Ora del Codice in qualunque momento dell’anno scolastico, ma è particolarmente importante farlo durante la Settimana Internazionale di Educazione all’Informatica che si celebra a inizio dicembre (quest’anno dal 9 al 15) in modo da far leva sull’intero movimento globale e avere un’unica forte voce nel chiedere alle istituzioni drastici cambiamenti per inserire l’insegnamento dell’informatica in tutte le scuole.
Ogni anno l’iniziativa si focalizza su un tema, che quest’anno è stato Rendi visibile l’invisibile! per sottolineare l’importanza di rendere visibili i sogni invisibili di studenti e studentesse grazie all’informatica, dando concretezza alla loro fervida immaginazione. Sebbene tutti riconoscano l’importanza dell’informatica, il tema di quest’anno – rendere visibile e concreto ciò che normalmente resta sotto traccia – ha voluto mettere in risalto quei momenti emozionanti in cui gli studenti connettono l’informatica con ciò che amano, che si tratti di musica, sport, moda, giochi ecc. Quando gli studenti si dedicano a ciò che amano, scoprono di poter eccellere là dove prima sembrava impossibile. È qui che avviene la magia, dove l’invisibile si manifesta. Nel 2023, gli insegnanti che hanno partecipato all’iniziativa a livello globale hanno reso possibile lo svolgimento di più di 180 milioni di Ore del Codice, introducendo molti studenti per la prima volta all’informatica.
Le attività interattive da utilizzare negli eventi dell’Ora del Codice sono innumerevoli e negli anni Programma il Futuro ha provveduto ad adattare in italiano tutte le attività prodotte da Code.org, fornendo una descrizione introduttiva sul sito di Programma il Futuro con dettagliati videotutorial in cui si mostra il completo svolgimento delle attività. Quest’anno si è aggiunta una nuova attività, pensata come introduzione al nuovo ambiente di programmazione del Laboratorio musicale, denominata Laboratorio musicale – Jam Session.
Il Laboratorio musicale permette di cavalcare l’entusiasmo che studenti e studentesse hanno per la musica e potenziarlo con la possibilità di utilizzare l’informatica per scatenare la loro creatività e trasformarli in veri e propri produttori musicali.
Come da tradizione, oltre a promuovere tra i docenti italiani l’opportunità di organizzare delle attività dell’Ora del Codice e supportarli con tutto il materiale adattato in italiano, anche quest’anno Programma il Futuro ha organizzato una videolezione in diretta per coinvolgere le scuole primarie nello svolgimento di un’Ora del Codice collettiva basata proprio sull’attività Laboratorio musicale – Jam Session.
Nella videolezione è stato possibile introdurre il principio di funzionamento dell’ambiente e metterne in evidenza le potenzialità. Nei primi esercizi lo studente prende confidenza con le istruzioni e incontra il concetto di sequenza (ovvero riprodurre un suono dopo l’altro). Segue poi un’istruzione atipica, necessaria proprio ai fini di generazione della musica, ovvero – diversamente da quanto accade con una sequenza di istruzioni – la riproduzione simultanea di più suoni. Successivamente viene presentata una funzione di generazione automatica di ritmi della batteria con il supporto dell’Intelligenza Artificiale. Con questa funzionalità gli studenti hanno l’opportunità di osservare come varia la tipologia di musica prodotta con il supporto dell’Intelligenza Artificiale, in funzione della “temperatura” impostata: un parametro che definisce quanto la generazione deve seguire lo schema di partenza dato dal programmatore oppure introdurre maggiore creatività sulla base del precedente addestramento ricevuto. Negli ultimi esercizi viene anche introdotto il concetto di funzione che calza proprio a pennello con la musica. Per spiegare il concetto di funzione ci si basa infatti sull’alternarsi di strofe e ritornello nelle canzoni.
Nell’ultimo esercizio gli studenti possono creare il loro progetto musicale, avendo accesso a tutte le istruzioni dell’ambiente di sviluppo completo: riproduzione di scale o accordi, pause, istruzioni di ripetizione, annidamento di sequenze e riproduzione di suoni in parallelo o casuali, effetti sonori ed eventi per l’improvvisazione.
Per coinvolgere alunne e alunni che partecipavano alla videolezione, si è utilizzato un meccanismo di votazione online per far compiere alcune scelte e pilotare così la realizzazione del brano musicale prodotto collettivamente.
La diretta è stata seguita da circa 140 classi e nel giorno successivo la registrazione ha già totalizzato più di 400 visualizzazioni.
Tante le attività e i corsi che Programma il Futuro continua a sviluppare per il mondo della scuola.
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SALUTE E METODOLOGIE - "Valutare la salute aziendale: quali strumenti usare?" - Giuseppe Caliccia
O
Introduzione: La differenza fondamentale tra scienze della materia e scienze comportamentali
Le scienze della materia, come la fisica e la chimica, si occupano di fenomeni relativamente stabili e misurabili attraverso metodologie sperimentali standardizzate. Questi campi possono contare su una linearità e replicabilità degli strumenti di osservazione, poiché si basano su leggi fisiche standardizzate. Al contrario, le scienze comportamentali e sociali – che esplorano comportamenti umani e dinamiche di interazione – hanno come oggetto di studio fenomeni complessi e fluidi, influenzati da una miriade di fattori sia interni che esterni, difficilmente isolabili (Nassim Taleb, 2023).
Per questo motivo, le scienze comportamentali richiedono metodologie di analisi avanzate e articolate, capaci di andare oltre la semplice descrizione, per cogliere le dinamiche profonde che guidano i comportamenti umani (Statera, 1990). Tuttavia, è comune trovare una tendenza alla semplificazione nelle metodologie adottate in studi psicologici, sociali ed economici, dove spesso si riduce la complessità a modelli descrittivi e si rischia di ottenere interpretazioni superficiali. Questo approccio, sebbene rapido, può condurre a una comprensione limitata delle dinamiche sociali (Ricolfi, 1993).
Il contesto aziendale come teatro di dinamiche sociali quotidiane
Uno dei contesti principali dove si manifestano le dinamiche sociali e comportamentali è quello aziendale, ovvero l’ambiente di lavoro. Qui, la quotidianità è caratterizzata da interazioni continue tra individui e gruppi, pressioni legate a obiettivi e competizione, e variabili complesse come il benessere psicologico, la motivazione, la leadership e la cultura organizzativa. Questi fattori, nel loro complesso, incidono significativamente sulla salute organizzativa. La salute organizzativa rappresenta la qualità complessiva dell’ambiente aziendale e delle relazioni interne.
L’organizzazione si articola in maniera trasversale attraverso quattro livelli, strettamente collegati tra loro, che sono: gli individui, la collettività, la struttura e l’ambiente (Levati e Saraò, 1997).
Studiare la qualità della vita lavorativa e il clima aziendale, quindi, non dovrebbe mai essere un’attività superficiale, poiché la “salute” di un’azienda – intesa come qualità delle relazioni, condizioni di lavoro e dinamiche di leadership – ha effetti diretti sulla salute dei lavoratori. Solo un’analisi approfondita, che consideri non solo le percezioni immediate ma anche le relazioni di causalità tra le variabili organizzative, permette di esplorare le dinamiche interne che influenzano il benessere lavorativo (Argentero e Cortese, 2010).
La necessità di studi inferenziali e multivariati per una valutazione completa
Nonostante il contesto aziendale sia così complesso, è comune trovare studi che si limitano a misurare il clima organizzativo o la qualità della vita lavorativa con strumenti semplicistici. Spesso questi studi adottano sondaggi descrittivi che, pur fornendo un quadro utile, restano statici e non esplorano a fondo le cause delle problematiche osservate, con il rischio di portare a conclusioni incomplete e di proporre strategie correttive poco efficaci.
Una comprensione più approfondita e dettagliata richiede quindi di andare oltre l’analisi descrittiva, integrando studi inferenziali e multivariati, che pongano particolare attenzione alle relazioni causali. In un contesto sociale è frequente osservare correlazioni spurie – ossia relazioni apparenti che non riflettono un vero nesso causale. Per distinguere tra correlazioni genuine e false, si ricorre a metodologie statistiche avanzate come la path analysis e i modelli strutturali, SM (Di Franco, 1997).
La path analysis è una tecnica statistica utilizzata per identificare relazioni dirette e indirette tra variabili, offrendo un quadro delle interconnessioni causali all’interno di sistemi complessi come quelli aziendali.
I modelli strutturali sono una rappresentazione matematica di un sistema di relazioni fra uno o più fenomeni con uno o più fattori su cui si intende basare la predizione o la spiegazione (De Lillo, 2007).
Questi strumenti consentono di isolare gli effetti specifici di una variabile sull’altra, facilitando una comprensione più profonda delle dinamiche aziendali e permettendo di orientare le politiche aziendali in modo realmente efficace per rispondere alle esigenze dei dipendenti e migliorare il clima organizzativo (Di Franco, 2016).
I limiti del benchmarking con campioni mondiali
Un’altra questione metodologica importante nello studio delle dinamiche aziendali riguarda l’uso di campioni globali come riferimento. Confrontare la realtà di una singola azienda con campioni internazionali generali – come quelli di istituti di consulenza o ricerca – può sembrare una strategia utile per stabilire benchmark comparativi. Tuttavia, senza un’adeguata omogeneità tra campioni, questo approccio rischia di produrre risultati distorti e di scarsa utilità pratica. I campioni globali, infatti, sono costruiti per rappresentare una varietà di contesti e popolazioni e, in quanto tali, potrebbero non riflettere le particolarità di un’azienda specifica.
Per un confronto efficace, è fondamentale che i campioni siano omogenei e che condividano parametri strutturali simili (Blalock, 1984). Ogni azienda ha caratteristiche peculiari che la distinguono dalle altre, e confrontare aziende diverse per struttura o contesto socio-economico può portare a conclusioni inesatte. Ad esempio, confrontare i risultati di un’azienda con una forza lavoro composta prevalentemente da uomini e con un’elevata anzianità di servizio con quelli di un campione generale, che includa una distribuzione bilanciata tra generi e un mix di livelli di esperienza, può portare a interpretazioni fuorvianti e a strategie poco adatte alla realtà specifica dell’azienda esaminata.
In altre parole, anche se il campione globale rappresenta l’universo statistico mondiale, non significa che possa essere applicato automaticamente a un’azienda con caratteristiche demografiche particolari. Potremmo tentare di rendere il campione aziendale più simile a quello globale, riequilibrando le percentuali di genere e di anzianità, ma in questo modo si perderebbero le specificità demografiche dell’azienda. Al contrario, modificare il campione globale per renderlo omogeneo alla singola azienda comprometterebbe gli indici statistici, che sono stati progettati per rappresentare una popolazione diversificata, e ridurrebbe l’affidabilità del benchmark.
Un benchmark che ignori le caratteristiche uniche di un’azienda rischia di condurre a interventi gestionali inadeguati, che non rispondono alle specifiche esigenze dei dipendenti e della struttura aziendale, con potenziali impatti negativi sul benessere e sulla produttività.
L’importanza di rispettare l’unicità aziendale
In ambito aziendale, ogni organizzazione dovrebbe essere considerata un’entità sociale unica. È, quindi, fondamentale sviluppare studi che rispecchino fedelmente le specificità di ciascuna azienda. Solo trattando ogni azienda come una realtà unica, anziché compararla genericamente ad altre, si possono ottenere risultati accurati, realmente utili per migliorare il benessere e le dinamiche interne (Morgan, 1997). Analizzare la propria realtà e privilegiare confronti interni aiuta a comprendere le vere esigenze dell’azienda e a sviluppare interventi mirati, calibrati sulle sue caratteristiche specifiche, evitando confronti metodologicamente inadeguati.
Conclusioni
Le scienze comportamentali affrontano una sfida intrinseca di complessità che richiede metodologie avanzate e approfondite per produrre conoscenza realmente utile e applicabile. In particolare, il contesto aziendale, con le sue peculiari dinamiche sociali, richiede di andare oltre la semplice statistica descrittiva per esplorare le relazioni causali che incidono sul benessere organizzativo e individuale.
L’applicazione di queste metodologie non solo accresce la qualità delle ricerche, ma fornisce agli amministratori aziendali informazioni cruciali per prendere decisioni mirate, creando strategie di intervento che rispondono realmente ai bisogni della forza lavoro e migliorano l’efficacia complessiva dell’organizzazione. Questi metodi avanzati offrono non solo una comprensione più precisa, ma anche strumenti pratici per migliorare concretamente il clima organizzativo e il benessere dei dipendenti, contribuendo alla creazione di ambienti di lavoro più sani e produttivi.
Bibliografia e approfondimenti
Piergiorgio Argentero e Claudio G. Cortese, Psicologia delle risorse umane, Raffaello Cortina Editore, 2010.
Hubert Blalock, Statistica per la ricerca sociale, il Mulino, 1984
Antonio de Lillo, Analisi multivariata per le scienze sociali, Pearson, 2007.
Giovanni Di Franco, I modelli di equazioni strutturali: concetti, strumenti e applicazioni, FrancoAngeli, 2016.
Giovanni Di Franco, Tecniche e modelli di analisi multivariata dei dati, SEAM, 1997.
William Levati e Maria V. Saraò, Il modello delle competenze, FrancoAngeli, 1997.
Gareth Morgan, Images of Organization, Sage Pubns, 1997.
Luca Ricolfi, Tre variabili, FrancoAngeli,1993.
Gianni Statera, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Palumbo, 1990.
Nassim Nicholas Taleb, Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore, 2023.
ECONOMIA E BENESSERE - "Economia e salute mentale, quanta strada c’è ancora da fare?" - Marco Mozzoni
I
Potremmo parlarne e scriverne a oltranza. Arriveremmo difficilmente a un punto fermo, credo.
A meno che decidiamo, un giorno o l’altro, di metterlo noi il punto, condividendo una responsabilità di scelte che declinano giocoforza in molteplici ambiti del vivere quotidiano. Perché – a mio avviso – le decisioni non possono che restare di competenza di noi umani più che dei “modelli” di analisi, per quanto sofisticati. Come peraltro è giusto che sia, trattandosi di “condizioni” – l’una e l’altra – umane alla massima potenza. D’altro canto, se l’economia fosse una scienza esatta, non ci sarebbero mai crisi; idem per la c.d. “salute mentale”: nessuno avrebbe mai problemi di sorta.
Essendo le due variabili interconnesse a doppio senso di marcia [1], banalmente si potrebbe dire che tanto più sale l’una, l’altra sale; e viceversa. Di solito infatti, se hai problemi “di testa” le tue prestazioni peggiorano, con danno diretto al contesto lavorativo (azienda, settore, mercati ecc.) e aggravio di costi per il sistema sanitario. E se il telaio non gira, ne subisci le conseguenze intanto sul bilancio personale, prima o poi sulle condizioni psichiche tue e spesso di chi ti sta intorno, in una vera e propria epidemia sociale che prende piede.
Ma non sempre è così semplice il ragionamento. Lo sanno bene alle Nazioni Unite [2], che in un recentissimo rapporto evidenziano come a complicare le cose sia intervenuta una diffusa “ossessione (notare bene il termine usato – NdR) per la crescita, per la produttività, per la competizione a tutti i costi” che sarebbe causa non solo del “burnout” dei colletti bianchi ma anche delle popolazioni in condizioni economiche precarie e dei paesi a basso reddito, che avrebbero “tre volte la probabilità di soffrire di ansia, depressione e vari altri disturbi”, per un totale di oltre 970 milioni di persone nel mondo (11% dell’umanità intera) con problemi conclamati di salute mentale.
“Questa ossessione per la crescita ha creato una ‘burnout economy’ (quasi fosse una classe diagnostica – NdR), in una gara all’incremento dei profitti di una ristretta elite in cui milioni di persone sono ormai troppo malate per potervi partecipare”, denuncia l’estensore del rapporto ONU, Olivier De Schutter [3]. Dati alla mano, l’esperto spiega come, paradossalmente, “invece di sconfiggere la povertà, il culto della crescita (‘growthism’) ci ha portati su una strada di disuguaglianza economica estrema, con conseguenze disastrose, anche in termini di disturbi mentali”.
È forse per iniziare a cambiare passo che all’Università di Oxford [4] hanno recentemente istituito un nuovo gruppo di ricerca, l’Oxford Mental Health Economics and Policy (OMHEP), con sede presso il dipartimento di Psichiatria. L’intento è di richiamare e far lavorare a stretto contatto ricercatori di livello internazionale “nell’intersezione tra salute mentale, economia e politiche sociali”, con l’obiettivo ultimo di aiutare i politici a prendere “decisioni informate” basate sui risultati emergenti da ricerche capaci di affrontare i sistemi complessi con le più avanzate metodologie interdisciplinari…
Riflettendo su questi temi mi è tornato alla mente un articolo che scrissi più di 10 anni fa.
Il titolo era “Problemi dell’oggi: quale psicoterapia?” [5]. Mi chiedevo se e in che modo la psicoterapia potesse essere in grado di rispondere ai problemi generati dalla società contemporanea, quale ad esempio la sofferenza profonda di una persona in stato di disoccupazione suo malgrado. Mettendo a confronto i diversi orientamenti clinici, saltava subito all’occhio un “grande assente”: l’elemento sociale appunto, la psicoterapia restando di fatto confinata in un “individualismo immorale”, come sostenevano alcuni colleghi americani [6]. Se il problema sta là fuori, perché ci illudiamo di poterlo risolvere “aggiustando” l’individuo (che poi si romperà ancora là fuori, se tutto resta tale e quale)? Non sarebbe meglio un agire sociale finalizzato a sistemare i problemi per davvero, cioè alla loro radice?
È passato molto tempo da allora e c’è ancora tanta strada da fare.
Note
[1] Martin Knapp, Gloria Wong, “Economics and mental health: the current scenario”, World Psychiatry 19:1, February 2020. https://doi.org/10.1002/wps.20692
[2] UN, “Growth-obsessed economy creating ‘unseen mental health crisis’ for people in poverty”, Press Release 25 October 2024. https://www.ohchr.org/en/press-releases/2024/10/growth-obsessed-economy-creating-unseen-mental-health-crisis-people-poverty
[3] Olivier De Schutter, “The burnout economy: poverty and mental health”, UN General Assembly, 16 July 2024 https://undocs.org/A/79/162
[4] https://www.psych.ox.ac.uk/research/mental-health-economics
[5] Marco Mozzoni, “Problemi dell’oggi: quale psicoterapia?”, BrainFactor Journal (BFJ), 3/7/2013 https://www.brainfactor.it/problemi-delloggi-quale-psicoterapia/
[6] Elizabeth A. Throop, “Psychotherapy, American Culture, and Social Policy. Immoral Individualism”, Palgrave MacMillan, 2008
PREVENZIONE E SALUTE - "Respirare, il segreto del nostro benessere" - Francesco Santi, Francesca Alessandro
Il respiro accompagna ogni istante della nostra vita e il modo in cui respiriamo ha un effetto cruciale sulla nostra salute fisica e psicologica. Basti pensare che molte tecniche di gestione dello stress si basano proprio su esercizi respiratori, così come per calmare disturbi ansiosi. Senza contare gli effetti che una buona respirazione ha sulla qualità del sonno.
Non solo. La respirazione influenza profondamente tutta la nostra fisiologia, dalla digestione alle funzioni dell’apparato digerente, alla regolazione della pressione sanguigna, alla sensibilità al dolore al tono dei muscoli e delle fasce, al senso di stanchezza.
Il segreto è respirare correttamente, il che vuol dire esclusivamente attraverso al naso a riposo. È proprio attraverso questa modalità di respirazione che forniamo al nostro organismo la giusta quantità di ossigeno nella forma in cui lo può assimilare al meglio. La respirazione nasale contribuisce allo sviluppo armonioso del cavo orale, perché è indispensabile per lo sviluppo dei seni mascellari, che determina un allargamento del palato. E questo a sua volta migliora la respirazione nasale.
Respirare col naso è indispensabile anche per la salute dell’apparato respiratorio: se l’aria inspirata non viene filtrata nel suo passaggio attraverso il naso, si manifestano con più frequenza le malattie otorinolaringoiatriche e le allergie.
L’aria che passa dal naso non solo viene filtrata, viene anche “condizionata” per ossigenare al meglio il sangue. Infatti viene riscaldata e umidificata e arricchita di ossido nitrico, prodotto nei seni paranasali. L’ossido nitrico è un potentissimo vasodilatatore e una molecola fondamentale per il nostro benessere.
Quando l’aria calda e umida respirata attraverso al naso raggiunge i polmoni, entra a contatto con i capillari degli alveoli, che vengono dilatati dall’ossido nitrico e il sangue si può ossigenare in modo ottimale. L’aria fredda e secca e priva di ossido nitrico che passa dalla bocca non è invece in grado di ossigenare altrettanto bene il sangue. Perciò, dopo una notte passata a respirare con la bocca, non solo il sangue, ma tutti gli organi, cervello compreso, sono poveri d’ossigeno.
Come si accennava all’inizio, il respiro influisce sull’attività della nostra mente con importanti effetti sulle funzioni cognitive. Tale relazione è nota da millenni ai praticanti di discipline orientali, come lo Yoga, il Tai Chi Chuan o lo Qi Gong, che si focalizzano sull’importanza della respirazione, da cui dipende l’energia del nostro corpo. Dal punto di vista scientifico, inoltre, sono noti i meccanismi coinvolti durante i processi di inspirazione ed espirazione: se durante l’inspirazione stimoliamo maggiormente il sistema nervoso simpatico, legato allo stress, durante l’espirazione stimoliamo di più il parasimpatico, che porta al rilassamento.
La nostra attività cerebrale oscilla con il ritmo del respiro: quando ci troviamo in situazioni di panico o di paura, il ritmo respiratorio diventa più rapido e l’inspirazione dura più a lungo dell’espirazione, attivando il simpatico per prepararci a uno scontro o alla fuga. E anche la profondità della respirazione ha un’azione sul sistema nervoso: un respiro superficiale, con la parte alta dei polmoni, attiva il simpatico, mentre un respiro profondo, che va fino alle basi dei polmoni, attiva il parasimpatico.
La respirazione influenza anche la risposta allo stress, mentre a livello cerebrale la reazione di attacco o fuga (fight or flight), è innescata dall’amigdala. Paul Mac Lean, pioniere della teoria dei tre cervelli nei primi anni settanta, ormai ampiamente dimostrata, ha descritto il modello della struttura e dell’evoluzione dell’encefalo come triune brain (cervello uno e trino), derivante dalle tre formazioni anatomiche e funzionali principali, che si sono sovrapposte e integrate nel corso dell’evoluzione. Le tre strutture, quindi, non sono separate l’una dall’altra, ma ricche di connessioni tra loro.
Mac Lean ha chiamato queste tre strutture cervello rettiliano, cervello mammaliano (o limbico) e neocorteccia. Il cervello rettiliano, il primo a svilupparsi nella scala evolutiva, è costituito dal tronco dell’encefalo, controlla i comportamenti alimentari, sessuali e di difesa: la sua funzione è l’auto-conservazione e la conservazione della specie, rappresenta l’istinto di sopravvivenza. È infatti quella parte di cervello che ci “avvisa” dei pericoli, e dove risiede appunto quella risposta “fight or flight” che permette di gestire situazioni critiche. Ma va anche ricordato come questo cervello regoli alcune funzioni vitali dell’organismo, tra cui la respirazione.
Il cervello Mammaliano è costituito dal sistema limbico ed è preposto alle emozioni e ai sentimenti, oltre che ai ricordi delle emozioni provate. Se il cervello rettiliano è ciò che gli esseri umani hanno in comune – nella scala evoluzionistica – con i rettili e quello mammaliano con i mammiferi, è la neocorteccia che definisce l’essere umano nelle sue capacità cognitive.
La teoria dei tre cervelli ci spiega anche gli strettissimi rapporti che intercorrono tra bocca e stress. Mac Lean sostiene che i neuroni dell’amigdala gestiscono le funzioni orali e quelle di auto-protezione: masticazione, collera, combattimento. L’oralità e la funzione orale sono dipendenti dal cervello primitivo e sono essenzialmente arcaiche, vale a dire, pulsionali senza intervento della ragione. Questo ci spiega perché la bocca viene definita un organo di stress, che usiamo quando vorremmo fare qualcos’altro e non possiamo. Usiamo quindi la bocca in modo improprio quando non possiamo manifestare la reazione che vorremmo, per esempio serrando i denti quando siamo arrabbiati e non possiamo manifestarlo. E, soprattutto le persone ansiose sottoposte a forti stress, digrignano i denti durante la notte per scaricare le tensioni diurne, con effetti distruttivi sui denti e sui tessuti che li sostengono, ma anche con danni all’articolazione temporo-mandibolare e tensioni muscolari dolorose che si possono estendere alla regione cervicale, alle spalle e alla schiena.
La corretta respirazione è veramente una chiave magica per aprire la porta della nostra salute e del nostro benessere. Respirare è un’abitudine; respirare male è una cattiva abitudine; ma per fortuna le abitudini si possono cambiare.
SALUTE E SICUREZZA - "Intelligenza artificiale e scuola" - A cura di Reputation Agency
Rischi per la salute e opportunità secondo l’EU-OSHA
Nell’ambito della campagna EU-OSHA “Lavoro sicuro e sano nell’era digitale 2023-2025”, che ci accompagnerà ancora per il prossimo anno e si snoderà nei diversi ambiti prioritari indicati dall’Agenzia, si inserisce anche rapporto tra intelligenza artificiale (IA) e lavoratori. Guardando ai diversi contesti lavorativi, ci sembra interessante focalizzarci sul settore dell’istruzione, considerato ad alto rischio per la complicata gestione dell’IA.
Su questo specifico ambito, l’EU-OSHA ha dedicato un report (in inglese) “Artificial Intelligence and education – a teacher-centred approach to safety and health”, volto ad esaminare l’impatto della digitalizzazione sulla sicurezza, sulla salute e sul benessere degli insegnanti e a individuare strategie e misure per ridurre al minimo i rischi e sfruttare il loro potenziale, insieme a indicazioni politiche pertinenti per costoro, a livello istituzionale, nazionale ed europeo.
Una prospettiva indubbiamente interessante, dal momento che finora l’attenzione di molti studi si è concentrata sull’impatto delle tecnologie e dell’IA rispetto agli studenti; in questo report, invece, ci si focalizza sul personale docente, che è sia fruitore che mediatore rispetto all’uso delle tecnologie da parte degli studenti, e per questo ancora più esposto ai rischi che ne derivano, visto il ruolo e le sue responsabilità.
Dopo una descrizione dello stato dell’uso delle tecnologie digitali nel settore educativo nell’Unione europea, nel report viene analizzato il fenomeno della dirompente digitalizzazione nel settore scolastico, partendo dalla pandemia da Covid-19, dove il digitale è stato centrale per garantire il proseguimento delle attività didattiche. L’adozione massiccia di strumenti digitali prima – e dell’intelligenza artificiale dopo – ha portato con sé un maggiore carico di stress, una grande incertezza e un aumento del carico di lavoro, con conseguenze sia di tipo emotivo che cognitivo.
Il benessere degli insegnanti è stato indagato da alcuni studi longitudinali, avviati durante la pandemia, dai quali è emerso uno stato di incertezza, un carico di lavoro elevato, in particolare al termine della pandemia, e la sensazione di essere sottovalutati come gruppo professionale. L’impiego di tecnologie innovative ha inoltre un impatto sulle competenze degli insegnanti, sia tecniche e didattiche che sociali e relazionali, sollecitandone lo sviluppo e richiedendo quindi ulteriore impegno e risorse dedicate.
Un caso esemplare è quello dell’intelligenza artificiale generativa, in quanto portatrice di nuova incertezza, rispetto all’esattezza e alla veridicità dei contenuti che produce, e quindi fonte di ulteriore mediazione e interpretazione da parte dei docenti, situazione che apre a questioni di non facile e immediata risoluzione.
Nel report vengono individuati sei fattori chiave legati al contesto scolastico: il carico di lavoro, l’autonomia, lo sviluppo professionale, l’etica, il quadro normativo e i costi. Ognuno di questi sei fattori viene poi ulteriormente declinato sia rispetto ai rischi principali che al potenziale che ne deriva per migliorare il benessere e la salute e sicurezza degli insegnanti.
Tra i rischi individuati si citano, ad esempio:
• Aumento del carico cognitivo a causa della mancanza di trasparenza (e spiegabilità) dei sistemi di intelligenza artificiale;
• Impatto sulla salute mentale dovuto al controllo e alla sorveglianza digitale che utilizzano dati in tempo reale;
• Possibile rimozione dell’interazione dal lavoro degli insegnanti dovuta alla collaborazione uomo-robot;
• Un’eccessiva fiducia nella tecnologia dell’intelligenza artificiale.
Alcune attuali sfide legate all’IA sono di interesse generale, come la questione dei bias algoritmici (che ha come effetto risultati distorti), le “allucinazioni” (informazioni non corrispondenti alla realtà), la mancanza di affidabilità tecnica e dell’accuratezza dei sistemi di intelligenza artificiale e il rischio di uso improprio dell’IA. Altre, invece, risultano essere particolarmente impattanti per la professione dell’insegnante, come ad esempio la perdita di competenze specifiche, il rischio di de-professionalizzazione, il fatto che l’impiego di tecnologie basata sull’intelligenza artificiale può contribuire a ridurre l’apprendimento e il supporto tra pari.
Oltre ai rischi evidenziati, emergono però diverse opportunità che le tecnologie digitali e l’IA possono offrire agli insegnanti, come ad esempio:
• la riduzione del carico di lavoro per compiti di routine;
• il supporto nella pianificazione delle lezioni;
• il supporto nello sviluppo e nell’implementazione di scenari alternativi di apprendimento integrato,
come ad esempio approcci transdisciplinari, didattica verticale, classi miste, ecc.;
• la semplificazione della pianificazione delle risorse (compiti e cronoprogramma) e ottimizzazione del lavoro.
Senza contare una maggiore flessibilità nella consultazione dei servizi, oltre che l’incremento di opportunità e luoghi anche virtuali di comunicazione e confronto tra colleghi.
Le proposte che emergono dall’indagine sono molteplici. In primis, emerge la necessità di un’introduzione graduale delle tecnologie basate sull’IA. In tal modo, risulta più facile valutare e contrastare gli impatti del fenomeno a scuola, nonché elaborare una strategia di gestione efficace dell’IA stessa, necessità ben rappresentata dal report.
Viene segnalata la necessità di alfabetizzare studenti e docenti rispetto all’intelligenza artificiale, ampliandone gli spazi e i tempi dedicati, così da preparare un terreno di consapevolezza su rischi e opportunità. Nel report viene altresì evidenziata la necessità di implementare misure a sostegno degli insegnanti stessi, quali programmi ad hoc di gestione del benessere e misure per valorizzare la loro professione, in modo da aumentarne l’attrattività e interventi di supporto socio-emozionale.
Invertire una tendenza in atto non è ormai possibile, e nemmeno auspicabile, ma promuovere una corretta gestione in termini di salute e sicurezza dei lavoratori scolastici (e di conseguenza anche degli studenti) è certamente un obiettivo sul quale investire. Per questo, l’EU-OSHA continua a operare e a divulgare dati, ricerche e buone pratiche che è possibile trovare tra i materiali della Campagna 2023-2025, in continuo aggiornamento.
REPUTATION today - anno IX, numero 43, dicembre 2024
ISSN 3035-1480
Direttore Responsabile: Giuseppe De Paoli
Responsabile Scientifico: Isabella Corradini
Responsabile area Sistemi e Tecnologie: Enrico Nardelli
Redazione: Ileana Moriconi
Grafica: Paolo Alberti
Pubblicazione trimestrale registrata presso il Tribunale di Roma il 13/02/2014 n. 14
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