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Reputation Today n° 34 - settembre 2022


EDITORIALE - "Collaborare e aver successo" - Giuseppe de Paoli

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Per la maggior parte delle persone la parola start-upper e’ spesso associata a una professionista di successo, brillante, non di rado, ‘visionario’ e, soprattutto, giovane. Dici startupper e viene subito da pensare a persone come Bill Gates, cofondatore di Microsoft quando aveva 20 anni, Mark Zuckerberg , o Steve Jobs. Tutti ventenni di grande talento. In realtà però le probabilità di successo imprenditoriale sembrano aumentare quando gli imprenditori invecchiano e hanno quaranta, cinquanta, a volte 60 anni.

Lo conferma lo studio condotto da ricercatori del MIT, in collaborazione con Northwestern University, Wharton School e U.S. Census Bureau, secondo cui l'età media dei fondatori di startup negli Stati Uniti e’ di 42 anni e quella dei fondatori di startup high-tech di 43. Dati in linea con quelli che riguardano l’Italia.
L'età quindi non è, o non dovrebbe essere, una barriera, anzi. Professionisti più anziani hanno spesso maggiori risorse culturali oltre a un’ottima conoscenza del loro ambito professionale. Non e’ saggio perciò lasciare professionisti in età più matura ai margini del mercato lavorativo e insistere solamente sulle prestazioni dei giovani come viene fatto, con una certa retorica, da molti politici e da certa stampa.

Sembra molto più razionale e produttiva l’idea di fare collaborare generazioni diverse evitando sterili conflitti tra vecchi e giovani ma miscelando invece le diverse capacità e competenze, atteggiamento che può produrre risultati eccellenti. Per fortuna il tema della collaborazione, per lungo tempo sottovalutato, sta ritornando d’attualità in risposta proprio alla difficile fase che stiamo vivendo.
Ne parla in questo numero anche Marco Mozzoni, direttore di Brain Factor, che citando l’agenda 2030 dell’Onu richiama la necessità di “collaborazioni inclusive, costruite su principi e valori, su una visione comune e su obiettivi condivisi’’ se si vuole davvero arrivare a “una crescita duratura inclusiva, sostenibile’’.

In questo numero vengono anche presentati alcuni dati del monitoraggio del Centro Ricerche Themis sull’importanza degli aspetti formativi per il progetto “Programma il Futuro’’, che ha raggiunto risultati eccellenti e s’è aggiudicato numerosi premi tra cui il recente riconoscimento da parte di Code.org per l’adattamento dei suoi materiali didattici.

Il professore Enrico Nardelli ci racconta dell’importanza della educazione digitale, nelle scuole e della necessità di diffondere in tutta la popolazione una vera cultura informatica che parte dall’alfabetizzazione tecnologica (saper usare gli strumenti digitali) per arrivare alla conquista della cittadinanza digitale (conoscere le regole del corretto uso di tali strumenti nelle relazioni sociali).

Lucia Nardi ci parla dell’archivio storico dell’Eni, ospitato a Castel Gandolfo (Roma), che attraverso migliaia di documenti, anche inediti, foto e audiovisivi, ben racconta la storia dell’azienda, del suo fondatore Mattei e dell’Italia dai primi del 900 fino a oggi. Un patrimonio di grande spessore, disponibile all’80% anche in versione digitale, che Eni mette a disposizione della comunità scientifica, dei ricercatori, degli studenti.

Eu-Osha ribadisce nei suoi ultimi ‘report’ la necessità di una collaborazione tra chi si occupa dei DMS e chi si occupa dei fattori Psicosociali (stress, difficoltà sul lavoro, mobbing etc.) che possono influire sull’insorgenza dei DMS o contribuire a aggravarli. E viceversa: un dolore muscolare forte e continuativo può produrre, stress e depressione.

Buona lettura!

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NEWS

IL TERZO SETTORE PROTAGONISTA DELL’ECONOMIA SOCIALE
Il 13 e 14 ottobre si terrà a Roma, al Centro Congressi Roma Eventi in piazza della Pilotta, il Convegno internazionale dedicato al rapporto tra Terzo Settore ed Economia Sociale. In particolare, l’accento sarà posto sui temi della prossimità, dell’inclusione, dello sviluppo e della sostenibilità nelle periferie.
L’evento si inserisce all’interno di un cambiamento che ha visto direttamente coinvolto il Terzo Settore, la cui riforma è ancora in atto, e coincide con l’anno in cui la Presidenza del Comitato di monitoraggio della Dichiarazione di Lussemburgo sull’economia sociale è in capo all’Italia.
L’iniziativa mira a creare un’occasione di confronto, scambio e valorizzazione del ruolo di primo piano rappresentato dall’economia sociale in generale, con focus specifico sul suo apporto in termini di occupazione e innovazione sociale.
Fonte: https://www.forumterzosettore.it/2022/09/22/il-13-e-il-14-ottobre-a-roma-convegno-terzo-settore-protagonista-delleconomia-sociale/

INNOVAZIONE DIGITALE IMPERFETTA PER LA NUOVA EDIZIONE DI INTERNET FESTIVAL
Si terrà dal 6 al 9 ottobre a Pisa la nuova edizione dell’Internet Festival, giunta alla sua dodicesima edizione. Tavole rotonde, laboratori, workshop e tante altre tipologie di interventi coinvolgeranno il pubblico sui temi dell’innovazione tecnologica e del digitale: dalla blockchain al metaverso, dalla cittadinanza digitale alla cybersecurity, nell’universo sconfinato di Internet l’elemento chiave è quello dell’imperfezione, ma con risvolti positivi. Un’innovazione ispirata a principi etici e solidali, meno idealizzata e più imperfetta, in grado di mettere al centro l’essere umano e preservare l’equilibrio dell’ecosistema naturale in cui viviamo. Oltre le 4 giornate in presenza, le attività del Festival proseguiranno online fino al 10 dicembre, con un calendario ricco di novità.
Info: https://www.internetfestival.it

NUMERI IN CRESCITA PER LA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA
Si è chiusa con successo la 79. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia dal 31 agosto al 10 settembre 2022. La Mostra ha registrato una partecipazione ancora più alta del 2019 (ultimo anno pre-pandemia), con un incremento del 6% dei biglietti venduti e dell’11% dei partecipanti accreditati in sala. Anche la sezione Venice Immersive, ospitata al Lazzaretto, ha registrato un aumento dell’11% delle prenotazioni rispetto al 2019, mentre la Sala Web ha avuto 12.000 presenze da tutta Italia. Quest’ultima sarà ancora attiva fino al 30 settembre per mostrare a chiunque vorrà collegarsi al sito della Biennale 9 cortometraggi delle sezioni Orizzonti e Fuori Concorso (sito www.labiennale.org).
Fonte: https://www.labiennale.org/it/news/i-numeri-della-79-mostra-internazionale-darte-cinematografica

IL JOB FILM DAYS AL VIA A TORINO
Al via il 27 settembre e fino al 2 ottobre, la terza edizione del Job Film Days, rassegna cinematografica dedicata ai diritti del lavoro, promossa dall’Associazione Job Film Days in collaborazione con Museo Nazionale del Cinema, Magistratura Democratica, Cgil, Cisl e Uil di Torino, Inail Piemonte, Politecnico di Torino, Ismel-Polo del ‘900, Aiace e molti altri. La rassegna -che quest'anno giunge alla terza edizione, è diretta da Annalisa Lantermo.
Il Festival prevede un ricco programma: oltre 60 film – di cui 10 anteprime nazionali e una mondiale – provenienti da 22 paesi; I7 film partecipanti al Concorso internazionale lungometraggi e 13 partecipanti al Concorso cortometraggi con premi offerti da Inail e dalla Camera di Commercio locali. Il festival propone anche dibattiti, incontri, master class-eventi per le scuole. A inaugurare la rassegna il film Working Class Heroes di Milos Pusic, in programma il 27 settembre alle ore 20.30 presso la Sala 1 del Cinema Massimo,
Tra gli ospiti dei festival la regista Francesca Comencini, e la regista Wilma Labate, che presiede la giuria del Concorso lungometraggi.
Fonte: https://www.jobfilmdays.org

LA “LIBERTÀ” AL CENTRO DEL FESTIVAL DELLA COMUNICAZIONE DI CAMOGLI
Al Festival della Comunicazione di quest’anno, il tema centrale è stato la libertà: di espressione, di movimento, di pensiero, di scelta. Una libertà che è stata declinata in ogni sua forma e linguaggio, in oltre 100 appuntamenti (dibattiti, incontri, spettacoli teatrali, laboratori, mostre, escursioni, ecc.) e con il coinvolgimento di 160 ospiti provenienti dai diversi mondi legati alla comunicazione (teatro, stampa, politica, istituzioni, spettacolo, editoria). La libertà è anche partecipazione, e questa edizione lo ha dimostrato: gli appuntamenti dal vivo hanno visto 40.000 persone presenti nei diversi luoghi di Camogli coinvolti nel programma, a cui si sommano 400.000 visualizzazioni arrivate dallo streaming e i 16.400 iscritti al canale ufficiale YouTube. Dal sito del festival è possibile ascoltare alcuni podcast (http://www.festivalcomunicazione.it/mondo-podcast-2022/), in attesa della prossima edizione, prevista dal 7 al 10 settembre 2023.
Fonte: http://www.festivalcomunicazione.it

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L’INTERVISTA - "L’archivio Eni: una storia ricca di informazioni, suggestioni, stimoli" - Intervista a Lucia Nardi - A cura di Giuseppe de Paoli

Francesco De Leo

L’essere umano ha sempre sentito il bisogno di condividere ciò che viveva e ha sempre usato la rappresentazione – dai primi graffiti nelle rocce fino alle moderne opere digitali – per questo scopo. Per condividere però è essenziale la memoria che è alla base di ogni contesto sociale organizzato e va, quindi, salvaguardata e protetta.
Un buon esempio di salvaguardia è l’archivio storico dell’Eni, ospitato a Castel Gandolfo (Roma) dal 2018, che ripercorre il lungo filo della memoria e ben racconta, attraverso migliaia di documenti, foto, audiovisivi, la storia dell’azienda, del suo fondatore Mattei e dell’Italia dai primi del 900 fino a oggi.
Un patrimonio di grande spessore, disponibile all’80% anche in versione digitale, che Eni mette a disposizione della comunità scientifica, dei ricercatori, degli studenti. Una storia ricca di informazioni, suggestioni, stimoli.
Ne Parliamo con Lucia Nardi, archivista e storica, responsabile dell’ufficio Cultura d’Impresa di Eni

Cosa racconta esattamente questo archivio? Quale la sua caratteristica peculiare?

L’archivio storico di Eni, inaugurato nel 2006, dopo un lungo lavoro di ricerca, selezione e ordinamento di diversi materiali, racconta in primo luogo la storia di un’azienda energetica nata quasi settant’anni fa, che ha inciso profondamente nella politica energetica italiana. Le prime scoperte in Pianura Padana, il lavoro dei pionieri in tutto il mondo, i rapporti con le diverse culture, le scelte contrattuali per collaborare con i Paesi produttori.
Una storia ricca di suggestioni, di sguardi sul mondo, di imprese estreme. Una storia di grande determinazione, di conquiste, di scontri con colossi del petrolio che, allora, negli anni Cinquanta, guardavano con sufficienza la “piccola” azienda dello stato italiano.
Ma poi, nel corso degli anni, hanno dovuto ricredersi e comprendere che gli uomini e le donne di Eni lavoravano per un progetto-Paese che passava dalla ricostruzione, dopo la Seconda guerra mondiale, e puntava dritto verso lo sviluppo e il riscatto. Questa forte volontà spiega la rapidità con cui l’azienda riuscì a guadagnare velocemente posizioni e arrivare ad occupare, nel giro di pochi anni, un posto di grande rilievo tra le imprese petrolifere mondiali.
Oltre a questa storia, in archivio sono anche presenti materiali di diversa natura, che accompagnano il racconto della società italiana, della sua cultura e della cultura del lavoro del nostro Paese. Dunque storia dell’industria ma anche storia sociale, economica e, naturalmente, geopolitica.
L’archivio è stato dichiarato, alla fine degli anni 90, di “notevole interesse storico nazionale” dal Ministero della cultura che ha così riconosciuto lo straordinario valore di questo luogo che raccoglie non solo documenti ma anche immagini di grandi fotografi, documentari dei nostri migliori registi, disegni tecnici di importanti architetti. Un vero “giacimento” di cultura e storia.

Infatti l’Archivio documenta anche le importanti collaborazioni avvenute tramite la rivista il Gatto selvatico – voluta da Mattei e diretta dal poeta Attilio Bertolucci – con scrittori come Leonardo Sciascia, Carlo Emilio Gadda, Italo Calvino, Natalia Ginzburg; registi come Giuseppe Bertolucci (che girò il documentario La via del petrolio) i fratelli Taviani, Vittorio De Seta, Giuseppe Ferrara, Gillo Pontecorvo; fotografi come Federico Patellari, Mimmo Jodice, Aldo Ballo, Bruno Stefani, Sam Waagenar.
Una ulteriore conferma del forte contributo culturale che l’azienda ha offerto al Paese. Ci può raccontare qualche aneddoto di quegli anni?

In quegli anni straordinari, tra la ricostruzione e il Miracolo economico italiano, ogni cosa era un cantiere. Ricostruire il Paese era il primo e più urgente impegno, un impegno di tutti, non solo del Governo, ma dei singoli cittadini. Dopo la ricostruzione, sulla spinta del grande lavoro e dell’entusiasmo che ha attraversato il Paese come una scossa elettrica, anche la cultura ha visto anni straordinari così fecondi da arrivare a “contaminare” l’industria.
Da questo punto di vista l’esperienza del Gatto Selvatico ci racconta di un dialogo tra intellettuali ed industria che rivela un rapporto di fiducia e reciproco interesse che poi, nel corso dei decenni, è diventato sempre più debole.
Dario Fo, attore molto presente insieme alla moglie Franca Rame nei Caroselli “Supercortemaggiore”, raccontava di come l’Azienda desse a loro e ai registi completa autonomia nelle lavorazioni, riconoscendo competenza e capacità e non entrando nel merito delle scelte di sceneggiatura. Allo stesso modo Attilio Bertolucci ha sempre sottolineato la non-ingerenza aziendale nelle scelte culturali della rivista.
In questo modo, accanto ai racconti delle nuove scoperte e dell’inaugurazione di nuove sedi operative o delle moderne stazioni di servizio, nell’archivio convivono splendide lezioni di storia dell’arte, recensioni di libri e film, racconti originali dei più importanti scrittori del nostro Novecento.

L’archivio è ora disponibile online - grazie ad un importante progetto di digitalizzazione - con oltre 62.000 documenti pubblicati e più di 1 milione e 900 mila pagine digitalizzate. In che modo la digitalizzazione ha aiutato la diffusione dei contenuti?

La digitalizzazione ci ha consentito, durante la pandemia, di lasciare “aperto” l‘archivio ai nostri ricercatori. Grazie all’importante lavoro di acquisizione digitale, che ha interessato le serie più consultate (Direzione per l’estero, Segreterie dei presidenti, verbali di Giunta e Consiglio, Bilanci) abbiamo addirittura incrementato il numero dei nostri studiosi e contribuito a creare una “cultura della ricerca virtuale” che, sempre più velocemente, sta modificando le abitudini degli storici.
La digitalizzazione ha anche un altro importante obiettivo: salvaguardare la conservazione delle carte. Il Novecento, infatti, è ricco di supporti e inchiostri che tendono ad avere problemi di conservazione. La digitalizzazione fissa per sempre l’immagine e garantisce la salvaguardia delle informazioni nel lungo periodo.

L’Archivio è anche luogo di formazione aziendale, elemento su cui Eni ha sempre investito: avete nuove proposte in programma sul piano formativo e culturale?

L’archivio storico, contrariamente a quanto si può pensare, è una realtà viva e vivace in grado di progettare momenti di confronto e approfondimento aperti al pubblico e alle scuole. Organizziamo aperture straordinarie (oltre ad essere aperti per visite di privati in qualunque momento) e soprattutto coinvolgiamo le scuole nella conoscenza dell’archivio e in generale nella riflessione sull’importanza delle fonti per la costruzione di un’informazione.
Il tema delle fake news e della costruzione di uno spirito critico attraverso la selezione delle informazioni, può essere affrontato in archivio con laboratori che danno concretezza a questa complessa tematica. Far comprendere la scala gerarchica tra la notizia reperita in rete, senza indicazione di provenienza, e la notizia verificabile attraverso le fonti che l’hanno prodotta, è il primo passo per creare cittadini consapevoli e attivi, in grado di dialogare sui temi più scottanti della contemporaneità con competenza e coscienza.
Nei corsi di formazione interni, l’archivio diventa protagonista nel racconto del nostro passato e dei nostri valori come elemento per conoscere la nostra cultura d’azienda. Un punto di partenza per fondare la nostra identità e il nostro spirito di appartenenza.

Qual è, oggi, il contributo più forte che ha lasciato Mattei?

Mattei ha “seminato” una serie di valori che col tempo sono stati coltivati e sono cresciuti. Oggi rappresentano il nostro modo di essere: coraggio, ricerca costante di innovazione, consapevolezza del ruolo dell’azienda nella politica energetica del Paese, predisposizione al cambiamento.
Tutti temi che hanno attraversato come un filo rosso la storia dell’impresa e che rimangono stabilmente come asset identitario dell’azienda. Mattei li ha costruiti e promossi. L’azienda li ha fatti propri e nel corso degli anni ne ha fatto la propria identità e cultura d’impresa. C’è un Eni’s way che è fatta della somma di questi modi, comportamenti, strategie, che ci ha reso allora e ci rende oggi. riconoscibili e diversi nel mondo.

Scuola e archivio storico: in che modo queste due realtà possono trovare un punto di incontro?

L’archivio storico è un contenitore di storie. Sia che si sfoglino gli album fotografici, sia che si scorrano le pagine di un fascicolo, la storia - raccontata dai diretti protagonisti - è sotto gli occhi di chi legge. L’archivio può insegnare ai ragazzi a leggere il passato attraverso le sue fonti (e non attraverso un’interpretazione) ma può anche insegnare quello che la Storia ci insegna da sempre: la lettura del presente.

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SOCIETÀ DIGITALE - "Educazione digitale nella scuola" - Enrico Nardelli

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Il passato è fonte di ispirazione per il futuro

Negli ultimi anni il tema dell’educazione digitale nella scuola è diventato di importanza strategica.
Chiarisco subito che questa espressione, che traduce impropriamente digital education, non è secondo me adeguata, sia perché il termine inglese education corrisponde all’italiano “istruzione” sia perché digitale (digital) e informatica denotano due sfere di significato diverso, anche se parzialmente sovrapposte. Osservo poi che in moltissimi casi, non è stato chiaro su quali basi scientifico-pedagogiche fossero state definite le proposte e quale fosse l’idea di scuola alla quale rispondevano.

Ritengo che la scuola debba preparare i ragazzi ad affrontare l’unica costante della vita, quella del cambiamento, in modo che possano agire da cittadini autonomi e consapevoli in qualunque futura società. Essere cittadini consapevoli è infatti fondamentale per una società democratica e la consapevolezza passa attraverso l’istruzione.

Poiché è evidente a tutti che la società contemporanea è una società digitale (e sempre di più lo sarà col passare degli anni), è necessario preparare i ragazzi a farne pienamente parte.

Per capire come questa azione educativa possa accadere è necessario guardare al passato, perché come in molti altri casi, la storia – disciplina fondamentale nell’istruzione scolastica – è una maestra importante cui rivolgersi. Tra il Settecento e il Novecento si è verificato un cambiamento radicale della società: la rivoluzione industriale ha trasformato il consesso umano da una società agricola, basata sulla forza dell’uomo e degli animali, a una società industriale, basata sulla forza delle macchine e dell’elettricità.
Come ha risposto la società a questo cambiamento?

Prima di tutto è nato il concetto di scuola così come lo conosciamo adesso e poi, allo studio di quei soggetti essenzialmente umanistici che erano sufficienti per una società agricola, sono state aggiunte quelle discipline necessarie per capire la “società delle macchine”: fisica, chimica, biologia. È importante sottolineare che per tali materie è stata introdotta nella scuola una formazione per tutti sui concetti e princìpi fondamentali, mentre la formazione sugli aspetti operativi della tecnologia è stata inserita solo nel percorso terminale di studi di coloro che preferivano avviarsi al lavoro senza affrontare il livello universitario.
Aggiungo inoltre che l’ingegnere, ovvero il progettista che inventa le macchine, nasce come figura sociale di rilievo contemporaneamente a questa rivoluzione, insieme alla nascita dell’ingegneria come settore di studi superiori. Prima della rivoluzione industriale non era altro che il “vile meccanico” di manzoniana memoria, mentre il ruolo sociale a livello progettuale era riservato agli architetti. D'altro canto, in assenza di macchine, la vera complessità era soltanto nell'ideazione – appunto – di tipo architetturale.

Il passaggio da società industriale a società digitale è una trasformazione di portata storica. È sempre una società di macchine, ma sono macchine cognitive. Vi sono sempre più dati digitalizzati e una sempre maggior presenza di sistemi informatici che, sulla base di questi dati digitali, automaticamente fanno qualcosa per noi, su un piano cognitivo.

La formazione digitale dei cittadini è essenziale e dev’essere basata sulle fondamenta scientifiche del mondo digitale. Si tratta dello stesso processo che ha portato nei due secoli passati a introdurre nell’istruzione scolastica le varie materie scientifiche (fisica, chimica, biologia, ecc.) man mano che la società si trasformava da agricola a industriale. Introdurre tali materie nella scuola è stato essenziale affinché i futuri cittadini potessero capire che dietro, ad esempio, un apparecchio televisivo non c’era una qualche magia ma solo princìpi scientifici implementati in una tecnologia efficacemente ingegnerizzata.

La sfida dei prossimi dieci o vent’anni sarà, quindi, quella di diffondere in tutta la popolazione una vera cultura informatica, che da un lato parte dall’alfabetizzazione tecnologica (cioè il saper usare gli strumenti digitali) e arriva alla conquista della cittadinanza digitale (cioè il conoscere le regole del corretto uso di tali strumenti nell’ambito delle relazioni sociali), dall’altro diffonde le basi scientifiche della disciplina, necessarie per formare le cosiddette “competenze digitali”.

Si sente spesso dire che, a fronte di questa evoluzione della società, la scuola dovrebbe cambiare radicalmente. Io personalmente sono un po’ perplesso, ma non perché pensi che la scuola non possa migliorare utilizzando in modo sapiente la tecnologia digitale. Quest’ultima, se ben usata, può certamente offrire ai docenti e ai ragazzi un più facile accesso alle informazioni e più efficaci forme di comunicazione e collaborazione.

Ritengo quindi che non ci sia bisogno di cambiare radicalmente la scuola per raggiungere tali obiettivi, basta recuperare quanto fatto nel passato e trovare il giusto modo di adattarlo nell’attuate contesto digitale. In fin dei conti, l’innovazione tecnologica avanza, ma le persone e le relazioni sociali, pur manifestandosi mediante le tecnologie digitali, rimangono le stesse da millenni.

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CULTURA E SOCIETÀ - "Sorprendi gli altri… collabora!" - Marco Mozzoni

Collabora

 

Sorprendi gli altri... a fare qualcosa di giusto. Così diceva l’One Minute Manager, inaugurando con un paradosso i meravigliosi ottanta1. Quelli sì erano anni di competizione. O me o te. Proprio come nel film Una Donna in Carriera2. Ci abbiamo creduto e per un po’ ha funzionato, guadagnandoci tutti qualcosa.
Poi il sistema ha iniziato a perdere colpi e oggi, dagli scienziati alle serie TV americane, ritorna una parola in disuso: collaborazione. “Team effort” rispondono ai rarissimi complimenti del burbero comandante Hank gli agenti di Chicago PD3. Ringraziare a titolo personale è deprecato.
Qui da noi, tra gli altri, l’amico professore Pietro Pietrini, neuroscienziato di fama mondiale e direttore del MoMilab di Lucca, ammette che nella ricerca “la competizione ha fallito”4. Sono segnali. Segnali che fanno ben sperare, visto come stanno andando le cose.

Ma facciamo un passo indietro: Settembre 2015. All’ONU 193 paesi firmano un “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità”. L’Agenda 2030 vuole Trasformare il mondo, come recita il titolo della risoluzione5. L’Obiettivo 86, in particolare, parla di “incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti”.

Per avere successo – si legge – “servono collaborazioni inclusive, costruite su principi e valori, su una visione comune e su obiettivi condivisi, che mettano al centro le persone”. In pratica, partnership tra pubblico, privato, società civile. Un contraltare alla globalizzazione per come l’abbiamo ahimè conosciuta.

Il traguardo? La “stabilità macroeconomica globale attraverso il coordinamento e la coerenza politica”. Parole precise, importanti, impegnative.

“È essenziale promuovere nuove forme di collaborazione”. “Tutte la parti dovrebbero collaborare”, “instaurando dove necessario meccanismi di collaborazione innovativi”. “I cittadini devono poter esprimere le proprie idee e la propria creatività, collaborando a iniziative ambiziose a livello sia individuale che collettivo”. E via di questo passo.
Sono solo alcuni estratti del Green Deal Europeo7, adottato nel dicembre 2019, con cui l’Unione intende raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050. La transizione è destinata a trasformare la nostra economia e la nostra società: allora dovrà essere “equa”, per “creare opportunità per tutti”.

Per la Costituzione della Repubblica Italiana le “solidarietà politica, economica e sociale” sono sempre state “doveri inderogabili” (art. 2), ai quali nessuno può sottrarsi.

Ed “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3).

Quanto erano avanti i Padri Costituenti? Cioè, solidarietà, partecipazione, eguaglianza gli Italiani li hanno “nel sangue”, quali Principi Fondamentali. Con un perno che vede nel lavoro il fondamento democratico dell’intero ordinamento (“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, art. 1). A noi, non è mai mancato nessun ingrediente (sulla Carta).

In questo rinnovato spirito dunque, ritrovando allo stesso modo le nostre radici, cercando una soluzione per il pianeta che non dimentichi l’impresa e il lavoro, che sappia far tesoro delle capacità di ciascuno, sembra ragionevole immaginarsi di poter rimettere al centro l’umano quale leva strategica sul medio-lungo periodo. Abbiamo mai riflettuto – ad esempio – sul fatto che ricicliamo le cose, ma “buttiamo via” le persone, a un certo punto della loro vita professionale?
Lo rileva anche C*Gens Circular Generations8 un progetto di Brainfactor Research9 per trasferire i metodi innovativi della “circular economy” dai prodotti ai produttori, creando un “attrattore intergenerazionale” a rete per facilitare in senso pieno il cambiamento sostenibile, proprio nei termini che abbiamo visto consacrati nei dispositivi in commento.

Ogni giorno abbiamo la prova che la segmentazione generazionale crea muri, scorie, sprechi. Superata la logica competitiva anche in questo contesto nevralgico, ogni generazione potrà finalmente aiutare le altre a crescere e prosperare insieme, in un processo virtuoso che si autoalimenta.

 Note
1 Ken Blanchard, Spencer Johnson, “The One Minute Manager”, William Morrow & Co, 1982.
2 “Working Girl”, regia di Mike Nchols, 1988.
3 “Chicago PD”, serie TV, creazione Michael Brandt, 2014 e seguenti.
4 Andrea Lavazza, “Università. Voto zero a molti dipartimenti del Sud, scoppia il caso dei finanziamenti”, Avvenire, 7 giugno 2022.
5 https://unric.org/it/agenda-2030/
6 https://unric.org/it/obiettivo-8-incentivare-una-crescita-economica-duratura-inclusiva-e-sostenibile-unoccupazione-piena-e-produttiva-ed-un-lavoro-dignitoso-per-tutti/
7 https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it
8 https://www.brainfactor.it/cgens-circular-generations/
9 https://www.brainfactor.it/brainfactor-research/

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PROGRAMMA IL FUTURO - "Formarsi per la consapevolezza digitale" - A cura di Reputation Agency

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Il monitoraggio del progetto “Programma il Futuro”

L’uso consapevole delle tecnologie digitali è un tema particolarmente rilevante per la formazione soprattutto in ambito scolastico. La legge n. 92/2019 ha introdotto l’insegnamento trasversale dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado, coinvolgendo quindi sia il primo che il secondo ciclo di istruzione, per complessive 33 ore annue. Tra le aree più rilevanti per Programma il Futuro – il progetto promosso dal Ministero dell’Istruzione e realizzato dal Laboratorio Informatica e Scuola del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale Informatica) – c’è quella relativa alla cittadinanza digitale.

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Già da qualche anno, Programma il Futuro ha attivato una serie di interventi di sensibilizzazione e formazione sugli argomenti della cittadinanza digitale, con la convinzione che non può esserci consapevolezza senza la conoscenza di come funzionano gli strumenti digitali e dei rischi connessi.
Sulla base del monitoraggio di progetto condotto annualmente dal Centro Ricerche Themis, emergono alcuni temi di interesse formativo per insegnanti e alunni.
I dati di seguito presentati si riferiscono al monitoraggio dell’anno scolastico 2021-2022 e si basano sulle risposte ricevute da 1.008 insegnanti, per l’85% donne e per il 15% uomini. La distribuzione del genere rispecchia quella a livello nazionale, nella quale le donne sono maggiormente rappresentate negli ambiti scolastici. La maggior parte degli insegnanti proviene dalla scuola primaria (58%), un quarto dalla secondaria di primo grado (26%) e una minoranza dalla scuola secondaria di secondo grado (11%).
Per sviluppare un uso responsabile delle tecnologie digitali, gli insegnanti ritengono che la conoscenza dei rischi associati al loro uso sia l’elemento più importante, seguito dall’abilità di usarle efficacemente, comprendere come funzionano e l’avere il senso di responsabilità.
Considerata la varietà dei pericoli in rete, è importante che ragazzi e ragazze siano formati su diversi argomenti, non solo sul cyberbullismo. Se, infatti, il fenomeno delle molestie online, nelle quali rientra anche il cyberbullismo, richiama costantemente l’attenzione da parte di docenti e genitori, è anche vero che muoversi in un contesto digitale significa prestare attenzione ad altri aspetti, come la protezione dei dati ed il seguire adeguate regole di comportamento online, in particolare sui social media. Spesso, infatti, la condivisione di immagini e messaggi in rete e su piattaforme di messaggistica (come WhatsApp) avviene senza la consapevolezza che la replicabilità di tali informazioni può essere elevatissima e comportare conseguenze rilevanti, come nel caso della diffusione di contenuti intimi e personali.
Anche i docenti necessitano comunque di un’adeguata e continua formazione sui temi inerenti l’uso sicuro dei dispositivi digitali. In particolare, l’utilizzo dei social media e l’attendibilità delle notizie, argomenti tra loro collegati, sono i principali temi sui quali gli insegnanti richiedono opportuna attività formativa.

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In proposito, per l’avvio del nuovo anno scolastico, Programma il Futuro ha in calendario un programma ricco di webinar su temi di particolare rilevanza, quali privacy, etica dei dati, sicurezza online. Intanto, a partire da fine settembre e fino al termine di ottobre, un ciclo di webinar sarà dedicato al tema del software libero per promuovere la conoscenza dei docenti delle scuole su piattaforme di sviluppo non proprietarie, la cui conoscenza ad un mondo non specialistico è ancora poco nota.

Per informazioni sui webinar in programmazione e visionare quelli già realizzati si consiglia di consultare questa pagina:
https://programmailfuturo.it/notizie/webinar

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SALUTE E SICUREZZA - "Disturbi muscoloscheletrici e fattori psicosociali" - a cura di Reputation Agency

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La campagna di EU HOSHA

Si concluderà il 14 e 15 novembre a Bilbao la campagna ‘Alleggeriamo il carico’ voluta dall’Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza sul lavoro (EU-OSHA) e dedicata ai disturbi muscoloscheletrici (DMS) correlati al lavoro.
Otto gli ambiti prioritari di questa campagna, che sono stati affrontati per far sì che i disturbi muscoloscheletrici possano avere il minor impatto possibile sui lavoratori. Gli ambiti hanno riguardato: affezioni croniche, fatti e cifre, lavoro sedentario, diversità, telelavoro, generazioni future, rischi psicosociali.
È proprio sui rischi psicosociali che si focalizza l’ultima tappa della campagna, in particolare sull’influenza dei fattori psicologici e sociali che possono svolgere un ruolo significativo nell’aumentare l’insorgenza dei DMS, o contribuire a aggravarli quando questi sono già presenti.

Nell’elenco dei fattori psicosociali l’Agenzia include l’eccessivo carico di lavoro, l’incertezza lavorativa, le molestie, la violenza, le richieste contrastanti sul lavoro, la mancanza di chiarezza sul ruolo del lavoratore, la mancanza di partecipazione al processo decisionale, la cattiva gestione del cambiamento organizzativo, la comunicazione inefficace.
Tutti disturbi che possono creare disagio, stress, depressione e contribuire in modo significativo al rischio di sviluppo di disturbi muscolo-scheletrici. Avere una maggiore attenzione alla prevenzione e alla gestione dei rischi psicosociali può quindi avere un grande impatto anche sulla salute fisica dei lavoratori e più in generale sulla salute dell’organizzazione, fungendo da fattore protettivo per l’insorgenza di DMS. Per questo i fattori di rischio psicosociale devono essere inclusi nella valutazione, prevenzione e gestione del rischio di DMS (https://healthy-workplaces.eu/it/about-topic/priority-area/rischi-psicosociali).

È essenziale un intervento precoce per evitare che i DMS si cronicizzino, per offrire sostegno ai lavoratori che ne soffrono e permettere loro di tornare, o rimanere, al lavoro.

Per far sì che aziende e organizzazioni abbiano una maggiore consapevolezza sul tema e siano in grado di mettere in atto strategie preventive oltre che di gestione del rischio, l’Agenzia mette a disposizione diversi materiali.
Tra questi è possibile trovare relazioni con utili buone pratiche per prevenire i DMS associati ai rischi psicosociali e viceversa e l’analisi dei dati relativi alla relazione tra fattori di rischio lavoro-correlati per i disturbi muscoloscheletrici e benessere mentale (basata sull’ultima indagine ESENER e sull’EWCS, indagine europea sulle condizioni di lavoro).

In quest’ultimo documento in particolare emerge un chiaro esempio di correlazione tra DMS e rischi psicosociali: nello studio si evidenzia infatti che subire la pressione del tempo, ovvero delle scadenze, sia percepito dalla persona come un “attacco al sistema”, che porta all’ipercontrazione dei muscoli, con conseguente aumento del rischio di dolore osteoarticolare (). Allo stesso tempo un continuo dolore muscolare può creare stress e depressione.

Per sensibilizzare il mondo lavorativo l’EU-OSHA rende disponibili molte risorse oltre quelle citate. Qui è possibile trovare tutti i documenti utili ad avere una visione globale del fenomeno e del suo impatto sui luoghi di lavoro, oltre all’approfondimento delle strategie di intervento e prevenzione.
Durante l’Healthy Workplace Summit di novembre, alla chiusura della campagna, si incontreranno esperti del settore per un ulteriore confronto e scambio sulle buone pratiche da implementare per una buona gestione dei DMS, a partire dalla premiazione ufficiale delle aziende che si sono aggiudicate i premi “Healthy Workplaces Good Practice Awards”.
A Bilbao verrà presentata anche la prossima campagna 2023-2025, che entrerà in vigore da ottobre 2023 e riguarderà il lavoro sicuro e sano nell’era digitale.

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REPUTATION today - anno VIII, numero 34, settembre 2022

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Responsabile Scientifico: Isabella Corradini
Responsabile area Sistemi e Tecnologie: Enrico Nardelli
Redazione: Ileana Moriconi
Grafica: Paolo Alberti

Pubblicazione trimestrale registrata presso il Tribunale di Roma il 13/02/2014 n. 14

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