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Sabato, 13 Luglio 2019 09:14

Impresa e impegno sociale

Intervista a Alberto Piatti, Executive Vice President - Impresa Responsabile e Sostenibile di Eni

A cura di Giuseppe De Paoli

Pubblicata sul numero 21/2019 di Reputation Today

Sempre di più negli ultimi anni la società civile chiede alle aziende un impegno sociale. Come sta rispondendo l’Eni a questa richiesta?

Lo scenario mondiale continua ad essere caratterizzato da forti squilibri. La fame nel mondo è ancora in aumento, oggi più di 800 milioni di persone soffrono la fame e l’11% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile, un miliardo di persone vive ancora senza accesso all’energia elettrica proprio dove abbondano le risorse energetiche.
In un contesto così critico, Eni ha profondamente trasformato i propri business per rinnovarsi prestando sempre particolare attenzione alle persone e ai territori, alla ricerca continua di soluzioni per disegnare un futuro sostenibile per il Pianeta.
Le persone di Eni, con la loro dedizione, la passione per la ricerca e l’innovazione, con una tecnologia a disposizione sempre più all’avanguardia, hanno portato Eni ad adottare nel 2016 un nuovo modello di business capace di investimenti nel lungo periodo che andassero oltre la logica della massimizzazione del profitto e che guardassero al valore globale della persona.
La sostenibilità, naturalmente, va supportata da una cultura aziendale in cui ciascuna persona di Eni senta i valori come propri poiché sono le persone a fare la differenza. Un approfondimento sulla sostenibilità per Eni può essere trovato all’interno di “Eni for 2018”, il nostro report di sostenibilità, in cui vogliamo condividere con un pubblico non specialistico come l’azienda si stia evolvendo per affrontare le sfide globali e per contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite e ai target dell’Accordo di Parigi sul clima.

Il vostro ruolo di rilievo internazionale nel settore dell’energia vi pone di fronte alla necessità di coniugare solidità finanziaria e sostenibilità sociale e ambientale. Qual è la vostra esperienza? In che modo questo aspetto può favorire nuove opportunità anche per i paesi ospitanti?

Entro il 2040 la popolazione supererà i 9 miliardi e la domanda di energia si prevede in crescita del 27% rispetto al 2017, trainata principalmente dai Paesi non-OCSE (+45%) dove oggi vive l’83% della popolazione -di cui il 17% si trova in Africa- con un PIL totale inferiore al 3%.
Questi dati di scenario delineano la principale sfida per Eni: garantire l’accesso alle risorse energetiche in maniera efficiente e sostenibile per tutti, contrastando il cambiamento climatico.
Il lavoro di Eni si fonda sulla capacità di produrre energia alimentando crescita e sviluppo in modo responsabile contribuendo allo sviluppo dei Paesi nella direzione tracciata dai Nationally Determined Contributions (NDCs) e dai Sustainable Development Goals (SDGs) e dialogando con istituzioni e stakeholder locali e internazionali.
In questo contesto, sostenibilità per Eni vuol dire contribuire alla costruzione di un paradigma energetico in cui tutti – soprattutto in aree come l’Africa, caratterizzata da un forte boom demografico – possano accedere a mix innovativi e puliti.

La società contribuisce allo sviluppo socio economico dei paesi ospitanti attraverso investimenti e interventi specifici. Ci può raccontare le vostre iniziative in tal senso?

L’accesso alle risorse energetiche in maniera efficiente e sostenibile è in tutti i Paesi di presenza l’elemento fondante del nostro modello di cooperazione. Nel 2018 Eni ha alimentato i mercati domestici in 17 Paesi grazie a una fornitura di gas pari a 60 miliardi di metri cubi In particolare, in 11 Paesi Eni vende la totalità della produzione per alimentare il mercato domestico.
Un esempio calzante è Zohr, in Egitto, dove l’intero ammontare del gas prodotto dalla società resta nel Paese, azzerando la domanda di importazione di gas e contribuendo a creare le condizioni per l’indipendenza energetica.
Oltre ai progetti per migliorare l’accesso all’energia, Eni promuove un ampio portafoglio di iniziative per lo sviluppo locale nei settori: diversificazione economica, educazione & training, acqua e servizi igienico sanitari e salute delle comunità. In questi settori, nel 2018, abbiamo speso circa 95 milioni di euro e prevediamo di investire circa €431,5 milioni nel periodo 2019-2022.

L’attenzione agli aspetti culturali e alla Formazione caratterizzano l’Eni sin dalla sua fondazione. Su quali fronti siete principalmente impegnati? Quali le vostre iniziative per aiutare i giovani professionisti nell’inserimento in azienda?

Da sempre Eni scommette sui giovani e investe sul loro futuro. Con l’alta formazione, dedicata a laureandi e neolaureati, con l’adesione ai programmi di alternanza scuola-lavoro e apprendistato di primo livello, rivolti agli studenti di scuola superiore, contribuiamo allo sviluppo della cultura d’impresa e all’orientamento e alla formazione dei giovani, preparandoli all’ingresso nel mondo del lavoro.
Con l’obiettivo di supportare gli studenti nella scelta del percorso post diploma, Eni organizza, dal 2013, l’evento di orientamento “Think About Tomorrow”, a Roma e a San Donato Milanese.
A livello Universitario Eni propone due master di secondo livello in collaborazione con i Politecnici di Milano e di Torino. Il nuovo in Energy Innovation e lo storico in Energy Engineering and Operations che prevedono l’assunzione degli allievi in contratto di Alta Formazione e Ricerca.
Tra i percorsi formativi di eccellenza, Eni organizza e gestisce, dal 1957, il Master in Management ed Economia dell’Energia e dell’Ambiente (MEDEA): un’occasione unica e irripetibile dedicata ad ingegneri ed economisti per approfondire l’industria dell’energia nelle sue connessioni con l’aspetto ambientale, con l’opportunità concreta di entrare a far parte della squadra Eni al termine della frequenza.
Eni inoltre investirà nella formazione dei giovani anche attraverso GEMS (Geoscience for Energy – Eni Master School), la nuova iniziativa che verrà avviata nel 2020 finalizzata a completare la preparazione accademica delle nuove risorse con competenze avanzate da applicare nel mondo dell’Esplorazione di Eni. Il percorso si svolgerà interamente in azienda.

Gli interventi nella scuola - anche se non danno effetti a breve - sono quelli che di maggior peso strategico per il futuro di un Paese. Eni ha collaborato e collabora  con prestigiose università nazionali e internazionali e ha promosso molti progetti formativi, anche all’estero, legati alle attività chiave del business aziendale. Ci racconta qualche iniziativa in proposito?

Eni investe in maniera significativa nella formazione anche all’estero, con iniziative di rafforzamento delle competenze delle università partner, in ottica di potenziare l’autonomia nella formazione di figure professionali nel mondo dell’energia, condividere esperienze, professionalità e conoscenze oltre che risorse economiche e relazionali.
In Mozambico, ad esempio, Eni ha avviato una partnership con il Colleges and Institute of Canada (CiCan) per la formazione tecnico vocazionale presso l’Istituto Tecnico Commerciale di Pemba, Cabo Delgado con interventi di riqualificazione delle infrastrutture, equipaggiamento dei laboratori, formazione di formatori ed erogazione di borse di studio.
Con la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano ENI ha realizzato diverse partnership: in Congo per sviluppare progetti in ambito agro-zootecnico e di supporto alle attività del Centre d’Appui Technique et Ressources Professionnelles (Catrep) in Mozambico per la definizione di un programma agro-zootecnico nell’area di Cabo Delgado; in Ghana per il supporto alle attività sociali del progetto Cape Three Points (Octp).
Siamo intervenuti anche in Italia, in Val D’Agri, per un supporto allo sviluppo del settore agroalimentare lucano. Tra le collaborazioni recenti quella nata con Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, per la promozione di uno sviluppo sostenibile dell’acquacoltura di specie marine nella fascia costiera di Port Said in Egitto.
Sul piano più strettamente formativo da alcuni anni Eni ha ritenuto di intensificare le collaborazioni con le Università all’estero e ha sviluppato progetti di creazione ed upgrading di facoltà affini al business di Eni (Petroleum Engineering-Geosciences) presso Università di paesi quali il Mozambico, il Kazakhstan ed il Ghana.
Molti altri interventi sono stati realizzati in cooperazione con Università italiane: Politecnico di Torino (Ingegneria del Petrolio) Università di Perugia (Geoscienze), Università della Basilicata (Geoscienze) e altri atenei internazionali.
Inoltre un nuovo progetto in Ghana mira a formare circa 800 persone del distretto di Dormaa (Ghana centro occidentale) ai mestieri dell’agribusiness, assumendo la catena del valore come paradigma di sviluppo socio economico di un’area rurale.
Eni, infine, è impegnata a finanziare borse di studio per giovani talenti africani per la frequenza di Corsi di Laurea presso la LUISS Guido Carli e di Dottorati di Ricerca presso la Oxford University.

Quest’anno avete aderito al progetto “Programma il Futuro” orientato ad introdurre nelle scuole una formazione di base sull’informatica. Come e’ possibile, secondo Eni, conciliare l’istruzione tecnico-scientifica e la formazione umanistica?

La riflessione sull’apparente contrapposizione tra la formazione tecnico-scientifica e quella umanistica degli alunni va avanti da oltre tre decenni.
Sebbene nell’immaginario collettivo non ci sia spazio (e tempo) per lo sviluppo della cultura umanistica, il tempo ci ha dimostrato che l’attenzione alla storia, all’arte e alla musica è rimasta costante negli anni e anzi, proprio grazie agli ultimi sviluppi tecnologici, sta godendo di una nuova linfa.
Attraverso gli strumenti digitali e multimediali è infatti oggi possibile accedere alla cultura in qualsiasi momento ed in maniera semplificata, guidata ed interattiva.
Ed è proprio sulla certezza che le due culture - quella scientifica e quella umanistica - siano strettamente correlate tra loro che Eniscuola si basa per sviluppare i propri progetti didattici.

Quindi Informatica e conoscenza della storia possono coniugarsi felicemente?

La storia è la terra dove affondano le nostre radici. Uno sviluppo tecnologico (ed informatico) sostenibile non può prescindere dalla conoscenza della storia e dal come siamo arrivati sino ai giorni d’oggi.
Basti pensare all’evoluzione della didattica moderna e a come sia difficile anche solo immaginare un’educazione senza software o internet.
Le piattaforme e le applicazioni di e-learning offrono agli studenti nuovi strumenti per risolvere i problemi e studiare, il che ha cambiato il mondo accademico. Ad esempio, la possibilità di fare lezioni in videoconferenza è un enorme vantaggio per la società, perché facilita l’accesso all’istruzione per tutti per gli studenti, contribuendo a superare barriere geografiche, linguistiche ed economiche.

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