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Giovedì, 19 Ottobre 2017 09:29

Internet, soci@l media e politic@: presidiare le agorà digit@li

Conversazione con l’On. Antonio Palmieri, Intergruppo Parlamentare per l’Innovazione

A cura di Claudia di Lorenzi

Pubblicata sul numero 14/2017 di Reputation Today

Gli italiani sono fanatici dei social network. In Europa sono quelli che li utilizzano di più: il 67% dei nostri connazionali fra i 16 e i 74 anni è attivo online, a fronte del 60% degli spagnoli, il 56% dei tedeschi e il 47% dei francesi. È quanto emerge dal Rapporto Coop 2017 pubblicato a settembre, secondo cui i social preferiti sono Facebook (91%) e Youtube (88%), e in crescita è il gradimento per Instagram (58%).

Nell’era digitale nella quale siamo immersi la Rete è in assoluto un luogo “reale” di incontro e confronto, abitato con finalità sovrapponibili a quelle che ci muovono nel mondo fisico: lavoriamo, ci informiamo, giochiamo, facciamo acquisti, ci conosciamo e ci corteggiamo proprio come avviene vis à vis. E se vuoi incontrare qualcuno o tener vivo il rapporto con lui puoi prescindere certamente dai social ma nella Rete trovi un potente facilitatore. Sarà per questo che un numero crescente di politici ha deciso di approdare sul web con account a metà fra il profilo personale e quello professionale: “ti racconto la mia giornata in Parlamento (o in Comune) ma anche il week-end in famiglia”. E ti ascolto. Almeno in teoria.

In effetti internet ha arricchito anche la comunicazione politica di ulteriori luoghi e piattaforme, affiancando ai comizi di piazza – sempre necessari – e ai media tradizionali, quali stampa, radio e tv, anche i media digitali. Il web ha un ruolo decisivo, sia dove la relazione diretta col cittadino è più rarefatta, e quindi nelle grandi città come sul piano nazionale, sia nei piccoli centri, dove l’accesso a stampa e tv è più difficile. Ne abbiamo parlato con l’On. Antonio Palmieri, deputato, Responsabile internet e nuove tecnologie di Forza Italia, tra i fondatori in Parlamento dell’Intergruppo per l’Innovazione e autore del volume Internet e comunicazione politica. Strategie, tattiche, esperienze e prospettive, recentemente pubblicato da Franco Angeli.

On. Palmieri, il politico di oggi si muove in un contesto comunicativo assai ricco: quali sono le opportunità e quali le insidie, in particolare nell’universo dei media digitali?

“La prima opportunità formidabile per il singolo esponente politico (cosa molto diversa dalla presenza online di un partito) è quella dell’ascolto, che è il primo passo dell’interazione. È questa la ragione per la quale essere presenti sul web e aprire almeno un account in un social, quello che è più consono a sé, serve in primo luogo per ascoltare quello che dicono le persone e per rendere conto di quello che si fa. Perché l’altra grande opportunità di cui nessuno parla è proprio questa: in genere nessuno sa com’è la giornata di un singolo esponente politico e cosa fa. È opinione comune che - specie se è parlamentare - prenda un mucchio di soldi senza fare niente, e se va bene è uno che va a lavorare. Viceversa questa è un’opportunità per raccontare cosa si fa, per accogliere sollecitazioni, e per dire e fare altre cose”.

E quali sono le insidie?

“Sono tre. Da un lato quella di fermarsi al dibattito con tre “b”, un dibattito che in sé resta sterile perché fine a se stesso e magari finisce in rissa. In secondo luogo non bisogna cadere nella tentazione di rispondere alle provocazioni. Nel mio libro “Internet e comunicazione politica” indico quello che secondo me è l’atteggiamento migliore rispetto alle provocazioni. Gli approcci possibili sono due: si potrà rispondere con garbo o con ironia per mostrare a chi legge anche la nostra presenza di spirito, oppure semplicemente ignorare chi provoca. Il terzo pericolo è quello di pensare che stare sui media digitali sia un fine, e invece è solamente uno strumento in più per il dialogo. Non si fa politica per stare online, ma si sta online per fare politica”.

La Rete ha dunque le sue leggi e suoi linguaggi. Per non restare impigliati fra le maglie del web bisogna conoscerli. Quali sono le regole fondamentali che il politico deve conoscere e rispettare?

“La prima “regola” è che internet è un rapporto, è una relazione tra persone. I rapporti vivono se vengono alimentati e questo vuol dire che bisogna essere presenti con costanza: non significa stare online tutta la giornata ma dare vari segni di presenza ripetuti nel tempo, con quella costanza e quella pazienza che danno forma a tutte le relazioni. Questo vuol dire che non devo aprire un account su un social o un blog se non sono in grado di poterlo mantenere vivo. Questa è la base di partenza per tutto. Su questo poi si innestano altre regole, come rispettare la grammatica dei social, che è diversa fra Facebook, Instagram e Youtube, ed essere consapevoli del fatto che la realtà viene sempre prima della comunicazione, quindi la prima cosa di cui occuparsi è fare le cose oppure avere qualcosa di solido da dire. Come comunicarle anche attraverso i social viene di seguito”.

Quanto costa, per il politico, ignorare le possibilità offerte dalla Rete?

“Per essere realisti può anche non costare nulla, nel senso che si può lavorare bene anche senza essere sui social. Ma, come scrivo nel libro, siccome i social non sono un ambito di relazione virtuale, separato dalla vita reale, ma sono un pezzo della vita reale di tutti, allora è un peccato non essere presente, non lasciare una traccia di quello che si fa: per sé, per i figli che andranno a vedere cosa ha fatto il papà, mentre altrimenti potranno saperlo solo da fonti diverse da lui. Se invece lo si comunica in prima persona, ovviamente sempre restando aderenti alla realtà, senza dire il falso, credo che questo sia un elemento utile nel rapporto con i cittadini, e anche per una legittima soddisfazione personale”.

Eppure ancora oggi la maggior parte dei politici, anche fra coloro che dispongono di uno staff per la comunicazione, non sembra saper “abitare” a dovere la Rete. Come mai secondo lei? Sono le critiche a far paura?

“Da un lato siccome il web è un luogo di libertà ognuno è libero di starci come meglio crede, a suo uso e misura: non c’è un modo standard di essere online. Dall’altro però ci sono certamente delle regole di fondo. La questione è che pur essendo “gratis” il web consuma molto tempo, e se faccio seriamente il parlamentare o il consigliere regionale o comunale di tempo ne ho molto poco e questo fa sì che a volte la comunicazione sia un po’ frettolosa. La cosa importante è correggersi e nel tempo cercare di migliorare. Esserci con costanza rimane comunque il primo passo”.

Dal 1994 lei è il Responsabile internet e nuove tecnologie di Forza Italia e da poco ha pubblicato un nuovo libro dedicato alla comunicazione politica al tempo di internet. Come si confeziona, durante il periodo elettorale, una campagna di comunicazione efficace che utilizzi anche i social?

“Da un lato la campagna online va considerata il completamento della campagna tradizionale, praticando quella che si chiama convergenza: vuol dire che non solo si rendono disponibili materiali tradizionali ma li si fa diventare più ricchi e virali, aggiungendo informazioni. Pensiamo ai manifesti 6x3, che sono una forma di comunicazione molto schematica e statica: se si vuole metterli online è necessario rielaborarli per riprodurli e farli circolare perché diventino virali e li si può “arricchire” dando più informazioni rispetto a quelle che possono stare in un manifesto. Questo è un modo per utilizzare i social sfruttando le loro potenzialità. Dall’altro lato è necessario promuovere iniziative che nascono nella Rete e per la Rete allo scopo essenziale di farle diventare un successo online. Poi, se sono fatte bene, diventano notiziabili, guadagnando spazio e visibilità nei media, tradizionali e non. Questi sono gli assi portanti che hanno caratterizzato la mia esperienza in Forza Italia per le campagne di Berlusconi dal 1994 ad oggi”.

 

Anche in politica “il contenuto è il re”. Avendo un contenuto e agendo con la sobrietà e la continuità che serve per il web si alimenta un rapporto e nel tempo la fiducia.

 

Berlusconi si fa fotografare mentre fa la spesa all’autogrill e la foto diventa virale. Il Presidente di Forza Italia da sempre mostra di conoscere a fondo e saper sfruttare il potenziale dei mezzi di comunicazione. Quanto è importante questa abilità per suscitare consenso?

“Come dicevo prima, la vita è una relazione, vive nel tempo ed è fatta di accumulo. La vita è fatta di istanti, secondi, minuti, ore, giorni, anni. Anche il web funziona così, per accumulo. Quindi la singola trovata, se è davvero forte, può contribuire a convincere qualche indeciso, ma deve essere veramente “forte”. Iniziative come quella che ha citato sono importanti perché in queste circostanze mostrano un aspetto inedito di Silvio Berlusconi, che può fare simpatia e contribuire a creare consenso”.

Produrre contenuti è relativamente semplice. Produrre contenuti che stimolano il consenso è impresa ardita. Qualche suggerimento?

“Anche in politica ‘il contenuto è il re’. Dunque anzitutto bisogna avere un contenuto da comunicare, qualcosa di utile da dire. Se non hai un contenuto da comunicare è difficile inventarsi un contenitore vincente. Avendo un contenuto e agendo con la sobrietà e la continuità che serve per il web si alimenta un rapporto e nel tempo la fiducia”.

Poi serve avere visibilità. Come farsi trovare dai motori di ricerca?

“Ci sono specialisti che lavorano in questo campo. Quello che ciascuno di noi che è un normale frequentatore della Rete può fare è intanto assicurare continuità, perché una presenza continuativa è indicizzata dai motori. In secondo luogo avere l’accortezza di comporre i titoli dei post sotto i settanta caratteri, mettere le parole chiave nelle prime frasi del testo se parliamo di un post su un blog o su facebook, usare gli hashtag sui social che li usano. Usando in modo adeguato gli hashtag ci si inserisce in conversazioni già avviate con contenuti significativi oppure se ne creano di nuove, diventando in tal modo visibili”.

I social network possono aiutare a ridurre la distanza fra politica e cittadini in quanto il politico si rivolge direttamente alla gente senza l’intermediazione dei mezzi di comunicazione tradizionali e può coltivare un rapporto di fiducia con i propri follower. Qual è la sua esperienza?

“Come dicevo, i social possono favorire la partecipazione politica perché consentono di instaurare una relazione, un rapporto. Ciò richiede tempo, pazienza, costanza, le tre monete con cui si paga la presenza sui social network. Vale per tutte le relazioni reali e dunque anche per quelle virtuali”.

Gli analisti dicono che nel futuro della comunicazione conteranno sempre più le immagini e meno il testo. È dovuta forse a questo la crescita esponenziale degli utenti di Instagram, il social attraverso cui si condividono foto, anche fra i politici. Con quali obiettivi lo usano i politici?

“Ognuno li utilizza nel modo che ritiene più consono, anche per creare empatia, ma bisogna fare attenzione a raccontare episodi di vita familiare che potrebbero non interessare. Inoltre gestire la parte iconografica in modo che sia realmente utile alla comunicazione non è scontato, perché è difficile fare foto che siano realmente significative. Per esempio, quando presento un’interrogazione in Commissione Cultura, prima annuncio che l’ho fatta, poi faccio la foto della risposta del Governo e la posto immediatamente dopo che mi viene consegnata. In questo modo le persone che sono interessate al tema possono avere subito un documento che altrimenti non riceverebbero o dovrebbero faticosamente cercare nei siti istituzionali. Così l’immagine arricchisce la comunicazione. Foto di famiglia non ne metto mai, preferisco foto di albe o tramonti dal balcone di casa. A me piace e vedo che piace anche agli altri e peraltro questa cosa mi caratterizza”.

Che differenza c’è nell’uso dei media digitali fra Berlusconi, Renzi, Grillo e Salvini?

“Ognuno li usa a modo suo ed è giusto che sia così, come ho detto prima. Perciò le differenze sono irrilevanti”.

Irrilevanti?

“Si perché ciascuno li usa a propria misura. Salvini che va in giro facendo con l’i-Pad la diretta di quello che fa va bene per come ha impostato la sua comunicazione online, mentre farebbe ridere se lo facesse Berlusconi”.

Nel suo libro raccoglie anche episodi di buona e cattiva gestione della comunicazione digitale in politica. Ci fa qualche esempio?

“Nelle nostre campagne elettorali ci sono diversi esempi ben riusciti, come ad esempio il celebre “Concorso dei manifesti taroccati”, che facemmo per le elezioni politiche 2001. Per il resto, non posso che invitare a leggere il libro :) ”.

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