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Sabato, 13 Maggio 2017 06:09

Editoria digitale: quale relazione tra chi produce e chi legge?

Intervista a Fabrizio M. Rossi, editore, progettista, docente di tipografia e grafica editoriale

Dopo averci illustrato le innovazioni nell’editoria alla luce dello sviluppo del digitale nell’intervista pubblicata su Reputation Today n. 11/2016, Fabrizio M. Rossi, direttore dello studio grafico Ikona, con questa nuova intervista approfondisce il rapporto tra la produzione di e-book e la loro fruizione.

Quali reali vantaggi comporta produrre un e-book rispetto ad un libro cartaceo?

“Allo stato attuale fare un e-book è apparentemente conveniente ma in realtà non lo è più di tanto se fai solo quello. Mi spiego meglio: produrre un e-book ha dei costi decisamente inferiori rispetto alla realizzazione di un libro su carta, ad esempio per quanto riguarda la distribuzione. Il problema è che a mio avviso i prezzi dell’e-book sono stati portati un po’ troppo verso il basso e a un certo punto diventa poco conveniente produrne perché essendo un prodotto digitale è facilmente duplicabile. Questo aspetto porta a ripianare a stento i costi di produzione, seppur bassi, quindi in questo momento l’e-book viene usato per lo più come “una lepre” per il cartaceo. L’editore invoglia il lettore con l’e-book e spera che egli, convinto dalla bontà del libro, dell’autore, dalla casa editrice, si convinca e compri il cartaceo. Perché il problema della riproducibilità e della pirateria è un nodo fondamentale. Quindi è vero che l’e-book costa poco ma rende anche poco. Noi lo stiamo usando come un biglietto da visita, una vetrina che poi porti altro. Infatti come IkonaLiber avevamo iniziato a fare soltanto e-book, provando a battere questa strada per vedere come sarebbe andata a finire l’esperienza, e il risultato è che con soli e-book non puoi andare avanti”.

Quindi l’esperienza di percorrere solamente la strada dell’e-book non è stata positiva, non siamo ancora pronti, il paese non è ancora pronto...

“Non siamo pronti, ma io dubito che ci sia in Italia un editore puro di e-book, non ne ho notizia. So il contrario, cioè che grandi editori hanno tutti intrapreso la pubblicazione di e-book, ma da ciò che vedo lo usano un po’ come facciamo noi”.

Invece rispetto alla rete, che influenza ha la fruibilità dei contenuti online sul mestiere dell’editore, sulle scelte editoriali?

“Il web influisce potentemente sulle scelte editoriali naturalmente, soprattutto se prendiamo l’esempio classico dell’enciclopedia, che è un prodotto rischiosissimo dal punto di vista dei contenuti. Infatti molte voci hanno bisogno di un aggiornamento costante e il cartaceo non offre questa possibilità. L’enciclopedia era un simbolo di status sociale; avere la Treccani in libreria era una conquista, però già negli anni ‘70 subito dopo aver comprato la Treccani cominciarono ad arrivare le appendici. Quindi già c’era questa ansia che l’enciclopedia andasse aggiornata. Oggi basta andare in un qualsiasi mercatino dei libri e le enciclopedie non costano nulla, mentre prima erano necessari fior di quattrini per comprare una qualsiasi buona enciclopedia usata. Ora è più accessibile, è una forma di democratizzazione evidentemente”.

È un fenomeno che riguarda anche le guide, ad esempio. Quindi un editore che decide di orientarsi nel panorama di dizionari, enciclopedie e guide dovrà necessariamente fare i conti con il fatto che l’informazione è già obsoleta nel momento in cui viene quasi scritta…

“Sì, infatti tutti stanno studiando e mettendo in opera delle soluzioni miste. Se oggi compri un buon dizionario avrai sicuramente la versione su carta, la versione su cd - fin quando ci saranno perché tra un po’ spariranno anche loro - e avrai una versione online, nel cloud, che verrà continuamente aggiornata. Probabilmente si faranno forme di abbonamento che si stanno già facendo. È una rivoluzione in atto, non è finita per nulla, ed è molto interessante”.

In tutto questo panorama, molto sfaccettato, come cambiano le competenze dell’editore, ma anche di tutti gli altri principali mestieri collegati con il mondo dell’editoria?

“Cambiano velocemente, costringendoci ad un aggiornamento continuo, perché fin quando si tratta di fare un e-book tutto sommato ci siamo. Anche se in realtà si può fare un e-book molto bene o molto male, perché una delle caratteristiche di quella poca interattività che contraddistingue un e-book sono le note: si dovrebbe poter toccare il numero per andare alla relativa nota, poi ritoccarlo e ritornare al punto precedente. Ma non tutti gli e-book in commercio hanno questa funzionalità così nitida. In fondo il “saper fare” connesso all’e-book non è così elevato. Diverso è il discorso sugli i-book, lì ci vogliono competenze un po’ più raffinate. Stiamo parlando dell’XML come codice da apprendere. Poi naturalmente bisogna padroneggiare gli strumenti della rete, altrimenti non se ne coglieranno le opportunità. Non so dire se oggi si debba sapere di più o di meno rispetto a ciò che si doveva saper fare con l’editoria tradizionale precedente al digitale, sta di fatto che per noi, che siamo dal lato della produzione, questa rivoluzione è iniziata davvero trenta anni fa, e in qualche modo ci siamo abituati a questo aggiornamento continuo”.

C’è qualche aspetto importante di quest’ultima fase, dell’era digitale in rapporto all’editoria, che non abbiamo esplorato secondo te?

“Sicuramente sì, ma questo è il bello. Lasciamo alcuni aspetti volutamente aperti; come gli artigiani dei tappeti persiani, che lasciavano un nodo non fatto perché la perfezione non è di questo mondo”.

 

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