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Giovedì, 10 Dicembre 2015 17:27

Ambiente, sociale, legalità: investire in trasparenza

Intervista a Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica

di Claudia di Lorenzi, Direttore Responsabile di Reputation Agency.

Pubblicata sul numero 7/2015 di Reputation Today

Il tema della trasparenza nelle attività di intermediazione finanziaria, insieme a quello della affidabilità delle banche dove depositiamo i nostri risparmi, ha conquistato recentemente il primo piano nel dibattito pubblico. In molti casi i risparmiatori si sono detti “truffati” in quanto ignari dei rischi reali dei propri investimenti e dei percorsi su cui erano stati avviati i propri depositi. Anche stavolta la narrazione collettiva, ospitata sui media e alimentata dai gruppi della cosiddetta antipolitica, ha riproposto un canovaccio noto: sono le banche uno dei maggiori responsabili della crisi economica degli ultimi anni e all’origine delle sofferenze economico-finanziarie di molti cittadini. Le banche concepite secondo una visione stereotipata e dai connotati fortemente negativi, additate come nemiche e portatrici di interessi confliggenti con quelli delle persone. Le banche come “mostri da abbattere”, capro espiatorio per molti inamidati “responsabili” ma anche per i “duri e puri” del civismo combattente. Ma lungi da pregiudizi, slogan e facili contrapposizioni, se delle responsabilità, talvolta gravi, sono evidenti, in vero esiste un modo di fare banca responsabile che molte delle storture della finanza potrebbe sanare. A patto che decisori, operatori e risparmiatori siano pronti a fare un vero e proprio salto culturale.

Ne abbiamo parlato con Ugo Biggeri, Presidente di Banca Etica.

Presidente, i dati economici parlano di una tiepida ripresa per il nostro Paese, con previsioni di crescita non esaltanti ma incoraggianti. Tuttavia le conseguenze della crisi continuano a farsi sentire e sono in molti ad attribuire parte delle responsabilità alle banche. Ma il sistema bancario è davvero quel “mostro” da distruggere?

“Occorre fare una distinzione. Tendiamo a vedere nelle banche i servizi finanziari, di pagamento, i prestiti, il conto corrente, insomma ciò di cui abbiamo bisogno. In realtà le banche sono molto di più: anticipando i ricavi futuri esse consentono all’economia di muoversi. Quindi quando le banche si fermano è un problema. Tuttavia, se questo lavoro lo fai nell’economia reale favorisci la comunità, l’economia, il commercio, tutto ciò che concorre al PIL., se invece lo fai nel campo puramente finanziario – penso alle speculazioni sul cibo, al mercato abnorme dei derivati o degli scambi valutari – non crei ricchezza ed economia per tutti. Quindi, se da una parte le banche sono un mostro, nel momento in cui i volumi finanziari sono venti volte il PIL mondiale – si tratta però di poche decine di banche sistemiche a livello internazionale – dall’altra, sia quelle sistemiche che le piccole banche locali, che solitamente non hanno grandi avventure in meccanismi speculativi, sono un elemento fondamentale dell’economia”.

Ci sono delle responsabilità oggettive?

"La società di controllo dei mercati americani da anni sta dando miliardi di dollari a grandi istituti bancari per motivazioni di alterazione del mercato. Quando si parla di multe per miliardi di dollari per alterazione del mercato, molto spesso patteggiate, vuol dire che l’impresa finanziaria è d’accordo a pagare la sanzione, e significa che abbiamo un problema di trasparenza dei mercati, delle modalità con cui sono gestiti. Una settimana fa si è saputo di una sorta di rinvio a giudizio per le cinque banche che decidono il prezzo dell’oro: si sarebbero messe d’accordo per controllarne le piccole variazioni. Variazioni che sembrano piccole ma il fatto di conoscerle in anticipo ha consentito a queste banche di fare un sacco di soldi. Poi ci sono le responsabilità delle banche minori. Pensiamo alla piccola banca che fa un prezzo di favore agli amici, con effetti disastrosi”.

"Le azioni economiche – voi dite – hanno conseguenze non economiche”. Quali sono?

“Pensiamo ai cambiamenti climatici: se ne parla da trent’anni, siamo arrivati alla 21.ma conferenza mondiale. Sono cambiamenti che la finanza prima ha ignorato, poi negato, poi minimizzato, finalmente ammette che ci sono ma ora sembra troppo tardi. Questa è una conseguenza non economica che ha tante responsabilità nella finanza. Se oggi potessimo chiedere ai cittadini se vogliono investire in un’idea energetica del futuro, per cui ci impegniamo da qui a vent’anni a non estrarre più il petrolio e nel frattempo finanziamo la ricerca e le energie rinnovabili, tutti sarebbero d’accordo. La finanza non lo fa perché attraverso la borsa quel petrolio che è sottoterra lo ha già venduto. Ma oggi siamo nei guai perché non riusciamo a governare il cambiamento climatico, non tanto per un problema tecnologico ma di tipo finanziario. Altri esempi possono riguardare la vita quotidiana, come il fondo pensione che investe nelle imprese che tagliano posti di lavoro, come il fondo dei metalmeccanici. Se guardiamo solo l’aspetto economico perdiamo di vista una parte non trascurabile degli effetti della finanza sulla vita di tutti i giorni”.

Banca Etica dimostra che esiste un modo “buono” di fare banca, responsabile, affidabile, trasparente, solidale. In cosa consiste?

“Banca Etica rappresenta una provocazione. Non abbiamo l’ambizione a diventare una banca sistemica – perché siamo piccolissimi rispetto ai grandi numeri della finanza – ma dimostriamo che se si fa sapere dove vanno i soldi i cittadini rispondono, e la banca anche se ha solo diciassette filiali in Italia ha però correntisti da tutto il Paese. Evidentemente questa trasparenza incide sulla reputazione e alla fine paga. Noi dimostriamo che ai risparmiatori interessa sapere dove vanno a finire i soldi, e poi, visto che funzioniamo bene, dimostriamo anche che prestare soldi a realtà che hanno come obiettivi principali delle finalità sociali e ambientali e che vivono il profitto come un obiettivo laterale o un vincolo, fa sì che i soldi poi tornano indietro più che dalle altre banche. Questo significa che questa scelta non solo è buona ma funziona anche”.

Cosa significa che Banca Etica adotta criteri di eticità nell’attività finanziaria?

“Quando si finanziano organizzazioni no profit o cooperative sociali è chiaro che l’attività economica è votata a obiettivi sociali e ambientali. Anche quando finanziamo imprese valutiamo se il finanziamento ha un impatto positivo sotto il profilo sociale e ambientale, e verifichiamo anche la reputazione delle realtà che ci chiedono un finanziamento. Grazie all’attività delle decine di soci presenti sul territorio, che vengono formati per fare indagini socio-ambientali, elaboriamo una sorta di rating andando a misurare variabili che normalmente le altre banche non guardano. Ad esempio la differenza di stipendio fra il presidente e l’ultimo degli operai; o il ricambio della governance, il numero di donne presenti nei Cda, l’oggetto dell’attività imprenditoriale e i legami con altri soggetti. Si fa un vero e proprio check-up etico e si cerca un riscontro di reputazione. Se una realtà mi dice di fare un bel lavoro sociale ma poi le persone che vivono intorno ne parlano male, come minimo conviene indagare”.

Come contribuite a combattere racket e usura?

“Il tema della legalità è arrivato in Banca Etica grazie all’associazione “Libera” del Gruppo Abele, che è uno dei nostri fondatori. Ci siamo resi conto che la legalità è un prerequisito fondamentale per poter sviluppare un’economia sana, equa e solidale. Allora, in collaborazione con associazioni come “Addio pizzo”, abbiamo messo in atto finanziamenti per quei soggetti che si ribellano alla criminalità organizzata. Altra cosa che finanziamo moltissimo sono le realtà che crescono sui beni confiscati alla mafia”.

Come si diventa correntisti?

“Oltre ad aprire un conto – c’è anche chi lo fa pur non avendo filiali nella sua Regione perché si può usare a distanza e si possono far versamenti sul conto alle Poste – è possibile acquistare prodotti di risparmio o fare investimenti anche in società quotate e in titoli di Stato. Le possibilità sono tutte illustrate su www.bancaetica.it In generale Banca Etica è stata la prima banca al mondo a mettere online tutti i finanziamenti erogati alle persone giuridiche. Se una persona vive a Firenze e va sul sito, vede le decine di finanziamenti fatti nel territorio, quanti soldi sono stati dati, a chi e per quali percorsi. Questo è il nostro miglior biglietto da visita. Sono pochissime le banche nel mondo che lo fanno, in Italia siamo gli unici”.

Avete scelto di mettere online il vostro bilancio sociale: la trasparenza costa o è un valore?

“Siamo un’impresa e dobbiamo misurare i costi – quelli della trasparenza, dell’organizzazione dei soci, del redigere un bilancio sociale – con ciò che rientra nella nostra mission aziendale. Siamo convinti che un bilancio ben fatto, integrato e presentato su internet, in modo che chiunque con pochi clic possa capire a grandi linee le cose che gli interessano, sia un valore che paga. Non paga forse in termini di valore di azione che cresce, ma paga perché abbiamo clienti che diventano soci e restano fedeli all’istituto. Abbiamo vinto di recente un premio dell’ABI per questo”.

È dunque anche un investimento in reputazione...

“Abbiamo riscontrato un fenomeno interessante sul web, dove rispetto alle altre banche abbiamo una reputazione alta, molti follower e interazioni addirittura fuori scala: tantissimi soci e clienti raccontano in internet la loro esperienza su Banca Etica, e le volte che abbiamo avuto delle criticità di tipo reputazionale, abbiamo aspettato ad intervenire con il nostro ufficio stampa perché a rispondere per noi erano i nostri soci e clienti. Questo è un esempio indiretto di come quei costi di trasparenza vengono ripagati da esperienze come queste il cui valore è senza misura, nemmeno paragonabile a quello di un comunicato stampa”.

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