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Giovedì, 09 Marzo 2017 17:57

Le innovazioni digitali nel settore editoriale

Intervista a Fabrizio M. Rossi, editore, progettista, docente di tipografia e grafica editoriale
A cura di Reputation Agency
Pubblicata sul numero 11/2016 di Reputation Today

Pochi giorni fa si è concluso l’appuntamento annuale a Roma con la Fiera della piccola e media editoria “Più libri più liberi”. Nel settore editoriale le innovazioni digitali, e le nuove professioni ad esse collegate, hanno avuto un impatto considerevole negli ultimi anni, introducendo dei cambiamenti notevoli nel rapporto stesso tra il lettore e il libro. A questo proposito abbiamo intervistato Fabrizio M. Rossi, direttore dello studio grafico Ikona dalla sua fondazione nel 1987 e docente di comunicazione visiva per diversi istituti di formazione dal 1990.


Anche il settore dell’editoria segue le orme del digitale. Ma il connubio tra editoria e digitale è davvero così nuovo?


“In realtà la “rivoluzione digitale” inizia una trentina di anni fa, più o meno alla metà degli anni ’80, quando appare il personal computer, che inizia a entrare gradualmente prima nella vita professionale e più tardi in quella quotidiana. Ho vissuto questo passaggio proprio nel 1985 quando – all’inizio della mia attività lavorativa, come consulente editoriale della Fondazione A. Olivetti – mi venne richiesto di curare il catalogo del ventennale delle Edizioni di Comunità (il marchio editoriale della Fondazione). All’epoca sentii fortemente il bisogno di dotarmi di uno strumento informatico, di un personal computer, che mi permettesse di creare un database adeguato alla mole del lavoro e di elaborare i testi per il catalogo, mettendo in relazione tutti i dati. Questo è stato il mio esordio, e da allora non ho più abbandonato il computer. Devo dire che nell’àmbito editoriale l’evoluzione delle tecnologie ci ha aiutato moltissimo nel produrre libri in modo certamente più rapido: l’impaginazione prima si faceva in maniera del tutto manuale, poi sempre più con strumenti digitali. Facendo un bilancio, per me è stata una rivoluzione benvenuta”.

Il digitale entra a far parte del prodotto e non più solo del processo. Come sono cambiati i meccanismi nel settore editoriale?

“Sono cambiati moltissimo perché la prima fase della “rivoluzione digitale” permetteva di risparmiare tempo, non sottoponendosi a routine snervanti. Faccio un esempio: prima del 1985 (assumendo questa data come simbolica) il montaggio di una rivista o di un libro si faceva a mano, pezzo per pezzo, su tavoli luminosi con grandi fogli trasparenti. Puntualmente, poco prima di andare in stampa arrivava l’autore che voleva delle modifiche, possibilmente all’inizio di tutto l’elaborato, e quindi bisognava smontare nuovamente tutto e rifarlo da capo: un’attività frustrante, in cui non vedo nulla di fascinoso e non mi suscita nessuna nostalgia; con l’avvento delle tecnologie digitali, invece, in fase di produzione si può riorganizzare il lavoro più agevolmente – anche se non con quella facilità estrema che il pubblico e soprattutto il cliente immaginano – e il risparmio di tempo è certamente notevole rispetto ai vecchi metodi manuali.
Nel momento in cui non più solo la produzione ma l’oggetto stesso, il medium, diventa digitale e viene percepito chiaramente come tale, cambia di nuovo tutto. Cercherei di distinguere le cose. Quando oggi parliamo di editoria digitale – così come lo percepisce il pubblico non specializzato – parliamo degli e-book, cioè dei “libri elettronici”, ma anche di prodotti più complessi, ossia i “libri interattivi”, gli i-book. Farei ancora un’altra differenza perché c’è un’editoria digitale “remota”, diciamo così, che può essere quello che si consulta online, per esempio collegandosi a internet per leggere un libro o una voce dell’enciclopedia Treccani o di Wikipedia”.


Parlando di prodotti editoriali, come gli e-book, è possibile affermare che ci sono vari gradi del digitale?

“Sì. L’e-book è un grado elementare del digitale perché è una smaterializzazione di un libro su carta che dispone di alcune possibilità in più. Evidentemente con l’e-book il libro non è più un oggetto tridimensionale che ha un suo peso, ma un file fatto di 0 e di 1 ospitato sul pc o sul dispositivo di lettura (l’e-reader). Tuttavia, come dicevo, un buon e-book offre anche qualche funzione particolare come, per esempio, la ricerca di termini, l’inserimento e la gestione di appunti personali (permanenti o no), la consultazione rapida di note al testo e il ritorno altrettanto rapido al testo principale; ma ancora – e questo è un punto molto più importante di quel che sembra – l’e-book offre la possibilità di adattare il contenuto al proprio dispositivo, ai propri gusti, alla propria capacità di lettura, alle condizioni ambientali, cosa che un libro di carta non ti permette di fare. In un e-book il lettore sceglie e ingrandisce il carattere, seleziona i margini, l’interlinea, l’effetto simulato della carta: se ci pensiamo si tratta di termini e azioni un tempo utilizzati solo da specialisti, come i grafici editoriali, ma che oggi sono alla portata di tutti. Dunque il libro, nella sua forma elettronica, non è più un artefatto (un metaoggetto) “esteticamente dato”, pressoché inamovibile; riassumendo, si scinde con chiarezza il contenuto dalla forma. Con il libro digitale, così, si evidenzia la necessità urgente di una riformulazione completa del ruolo del grafico editoriale, dell’editore e perfino dell’autore”.

Quindi con l’i-book il panorama si complica ulteriormente…

“L’i-book è un grado dell’editoria digitale diverso dall’e-book; infatti il libro interattivo permette al lettore d’intervenire significativamente anche sui contenuti, oltre che sulla forma. Per esempio si può decidere l’ordine delle parti, così come si può interagire con l’autore. Attualmente gli i-book sono realizzati prevalentemente per l’editoria scolastica; ne ho esperienza diretta perché il mio studio sta curando da alcuni anni il passaggio dei testi di un noto editore scolastico dal cartaceo all’interattivo digitale. È come se lo studente dialogasse con il professore, ponendo domande e ottenendo risposte; possono esserci questionari o test di riscontro e altre forme d’interazione che permettono o impediscono l’accesso a contenuti ulteriori. In questo modo il libro si “forma” gradualmente, adattandosi alle esigenze individuali dello studente.
Il motto che sembra proprio dell’i-book è “i contenuti prima di tutto”. Questo è interessante perché il libro, per secoli e secoli – e già prima della “rivoluzione di Gutenberg” – è stato un contenuto dato in una forma data; non c’erano molte possibilità di destrutturare la fisicità del libro o d’intervenire sulla sequenza del testo, a meno di non tagliare a striscioline un papiro o un codice su pergamena per ricomporlo in altra maniera. A questa caratteristica del libro come “oggetto definito” (fatto salvo l’atto del leggere, naturalmente) si son legate tradizionalmente le figure degli operatori del mestiere – l’editore, lo stampatore, il grafico… – che davano qualcosa di confezionato e in qualche modo intangibile”.

Oltre ai vantaggi apportati dall’i-book nell’ambiente scolastico, ci sono anche degli svantaggi legati all’editoria digitale?

“Credo di sì. L’editoria digitale, come molte cose, ha in sé la possibilità del bene e del male. Le conseguenze forse più problematiche provengono dalla sua (apparente) immaterialità. Questo significa per esempio la sua estrema riproducibilità (fino al fenomeno diffusissimo della pirateria) e, infine, la svalutazione del libro stesso. E sappiamo quanto lavoro sia necessario per produrre un buon prodotto editoriale, di carta o digitale.
Tuttavia sta aumentando parallelamente l’attenzione rivolta al libro di carta – il libro oggetto, che ha anche un alto valore simbolico – di qualità. Se compriamo un libro di carta che abbia testo, grafica, stampa e confezione accurati, presteremo la massima cura a questo oggetto. Non abbiamo certo la stessa attenzione verso il libro digitale; dobbiamo ancora abituarci agli “oggetti virtuali”.

Nella casa editrice che dirigi convivono diversi prodotti, dall’e-book, quindi interamente digitale, a prodotti quasi completamente artigianali… Come si conciliano nella tua esperienza?

“Non vedo contraddizioni in questa convivenza. Io stesso, come lettore, desidero avere alcuni libri stampati, altri in formato digitale. Per esempio compro molti libri che riguardano un’attualità transitoria, e questo genere di libri preferisco acquistarli come e-book, anche per problemi di spazio. Mentre ci sono altri libri che desidero avere su carta: come i classici di ogni tempo (incluso il nostro tempo), cioè a dire libri importanti, intensi, che ripercorrerò più e più volte; oppure libri particolarmente belli per le illustrazioni, per la carta, per la confezione stessa. Non credo che il libro di carta sia al termine della sua avventura millenaria; ribadisco: credo che il digitale stia riformulando il libro stesso e i suoi attori, e si arriverà a una nuova convivenza tra digitale e analogico”.

C’è da dire però che con il digitale cambia anche molto il processo di distribuzione dei libri. Cosa puoi dirci al riguardo?

“Nella distribuzione i cambiamenti si sono sentiti in modo forte, connessi ancora una volta alla “immaterialità” del libro digitale, e questa volta credo che sia un bene. La distribuzione dell’editoria a stampa raggiunge forme intollerabili di monopolio, impedendo ai piccoli editori di entrare in alcuni importanti circuiti. Al contrario, un e-book è facilmente distribuibile, anche per i piccoli editori. Certo, c’è sempre la differenza relativa alla promozione dei libri, dal momento che i libri dei grandi editori vengono proposti con un intenso battage fuori della portata di un piccolo editore. Però è anche vero che la Rete in questo aiuta molto, soprattutto se si usano in modo intelligente i social network, facendo così conoscere i propri prodotti e allo stesso tempo evitando di stampare montagne di carta per la promozione editoriale, perlopiù destinata al macero in breve tempo. Naturalmente i mezzi di comunicazione tradizionale come i giornali o la televisione restano però appannaggio della grande editoria”.

A che punto siamo con l’editoria digitale in Italia?

“L’editoria digitale in Italia rappresenta una percentuale ancora modesta (sebbene in crescita) del mercato dell’editoria in generale; siamo piuttosto indietro rispetto ad altri paesi europei. Vero è che la recente sentenza della Corte europea a favore della decisione italiana di imporre l’Iva al 4% (anziché al 22% com’era) sugli e-book – pari a quella sui libri stampati – non potrà non favorire questo settore. Ma prima ancora che una questione di investimenti dello Stato a sostegno del digitale credo che sia una questione sociologica e culturale. Penso che in Italia i dispositivi digitali siano più interpretati come qualcosa con cui trastullarsi, mentre un e-reader serve “solo” a leggere. E il piacere, il privilegio della lettura dei libri è riservato ancora a poche persone, purtroppo”.

 

 

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