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Lunedì, 10 Aprile 2017 15:08

“Per le donne questo sarà il secolo del sorpasso”

Intervista ad Aldo Cazzullo, autore di “Le donne erediteranno la terra”

A cura di Claudia di Lorenzi

Pubblicata sul numero 12/2017 di Reputation Today

"Voi donne siete meglio di noi. Non pensiate che gli uomini non lo sappiano; lo sappiamo benissimo e sono millenni che ci organizziamo per sottomettervi, spesso con il vostro aiuto. Ma quel tempo sta finendo. È finito. Comincia il tempo in cui le donne prenderanno il potere. Lo stanno prendendo. Le donne ne faranno un uso migliore degli uomini. E li salveranno".

Inizia così l’ultimo libro di Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera, dal titolo suggestivo: “Le donne erediteranno la terra” (ed. Mondadori). Il volume raccoglie una serie di ritratti di donne del passato, da Santa Giovanna d’Arco a Santa Caterina Da Siena, e di oggi, dall’attrice Franca Valeri alla campionessa paralimpica Bebe Vio, che hanno lasciato la loro impronta nella storia o rappresentano delle icone, dei modelli a cui ispirarsi. Ritratti che insieme tratteggiano l’unicità del genio e della sensibilità femminile, e che portano l’autore a concludere: “Questo sarà il secolo del sorpasso”. Lo abbiamo intervistato.

Cazzullo, ha detto che questo libro nasce dall’amore per le donne importanti della sua vita. Cosa vede di unico nel genio femminile?

“Penso che la donna in questa fase della storia abbia qualcosa in più da dare. La bellezza di una donna non è soltanto nel suo aspetto ma nella sua genialità, nel dare la vita, nel prendersi cura, nel trovare soluzioni. Siamo entrati in un’era della storia grandiosa e terribile, l’intelligenza artificiale e la clonazione ci hanno condotto nell’era della riproducibilità tecnica della vita. L’uomo crea l’uomo, o ha l’illusione di farlo. Da sempre la donna maneggia la vita e la morte nella sfera privata e ora che finalmente è entrata nella sfera pubblica io mi sento più tranquillo se le decisioni che riguardano la vita e la morte, in questo caso non di una persona ma del genere umano, sono prese anche dalle donne. Perché abbiamo capito che la terra non è immortale, che la specie umana non è immortale, quindi tocca a noi, tutti insieme ovviamente, uomini e donne, prendercene cura. Sarà il secolo del sorpasso perché sarà il secolo in cui le donne prenderanno il potere, conquisteranno il mondo e lo salveranno e questo non sarà una sconfitta per l’uomo ma un grande vantaggio, sarà la salvezza”.

 

le donne potranno realizzarsi restando se stesse, non imitando gli uomini, non diventando come loro nella mentalità, nel linguaggio, nei modi, ma valorizzando la loro femminilità e differenza

 

Lei parla della generazione Hermione… può ben capire chi ha letto Harry Potter…

Harry Potter è un maghetto predestinato, mentre Hermione è la ragazza che pone rimedio ai guai fatti dai maschi. Non a caso l’attore che impersona Harry è scomparso, mentre l’attrice che fa Hermione, Emma Watson, è diventata una star. Per me Hermione è la figura simbolo della generazione di mia figlia, la generazione a cui il libro è dedicato, sono tutte lettrici di Harry Potter queste ragazzine. Non solo, perché leggono anche altre saghe in cui la trama è sempre la stessa, così in Divergent, Hunger Games, The Host: c’è il mondo in pericolo e una ragazzina che lo salva. E anche nei cartoni animati le principesse non sono più quelle di una volta, non sono lì ad aspettare il principe azzurro che le risvegli con un bacio dal sonno mortale. La principessa prende il potere, regna da single se necessario. Il principe azzurro o non c’è o è cattivo come in Frozen, ma la principessa fa da sé. E questo è significativo, perché per la generazione Hermione sarà del tutto normale che il Capo dello Stato o il capo ufficio sia una donna. E non si guarderà più se è bella o non lo è, se ha la cellulite o no, si guarderà se è brava, onesta o competente o non lo è, e soprattutto le donne potranno realizzarsi restando se stesse, non imitando gli uomini, non diventando come loro nella mentalità, nel linguaggio, nei modi, ma valorizzando la loro femminilità e differenza. La differenza è un valore, la nostra ricchezza è essere diversi gli uni dagli altri, gli uomini dalle donne. Sogno un futuro in cui la libertà della donna non sarà concessa ma riconosciuta nella sua pienezza, in cui continueremo ad essere attratti l’un l’altro dalle nostre diversità, ma mai più soggiogati se non dalla libera scelta dell’amore. In Italia non è ancora così, ci sono ancora discriminazioni, ingiustizie, violenze, l’Italia resta un Paese maschilista però l’ascesa delle donne italiane è stata impetuosa in questi ultimi anni. Le donne fanno mestieri da secoli considerati da uomo, come il magistrato, l’ingegnere, il medico; i direttori delle principali carceri italiane sono donne, la direttrice del CERN di Ginevra è una donna italiana, la politica è più indietro ma ci si arriverà anche lì”.  

È da poco passato l’8 marzo: hanno ancora senso queste ricorrenze?

“So che è di moda dire di no, ma io direi di sì. Vale come per le quote rosa, l’espressione è fastidiosa, se uno chiede alle donne se sono favorevoli loro ti dicono di no. Attenzione però che a volte leggi di discriminazione chiamiamola positiva possono essere importanti perché c’è ancora un divario da colmare. Il 60% dei laureati in Italia sono donne ma solo il 25% dei consiglieri di amministrazione delle aziende sono donne, diventate il 25% perché c’è stata una legge che obbliga le aziende quotate in borsa ad accogliere le donne nel CDA sennò non c’erano neanche quelle. Così pure in politica per lungo tempo e ancora adesso ci sono troppo poche donne e spesso nei loro confronti c’è un certo accanimento. Magari sbagliano, perché non è che la donna in quanto tale non sbaglia, ma quando accade si è un po’ più severi che per un uomo. Quindi, so che molte donne non amano l’8 marzo, e io le rispetto, ma credo che ci sia ancora bisogno di ribadire che la donna ha pari diritti e opportunità, che la sua libertà non va concessa ma riconosciuta. Possiamo accogliere nuovi italiani ma dobbiamo essere fermi nella difesa dei nostri valori il più importante dei quali è la difesa della dignità e dei diritti delle donne che non sono riconosciuti in tutto il mondo. Però anche in quei Paesi l’ascesa è impetuosa: in India ci sono donne che si organizzano per resistere alle violenze; in Turchia c’è un’associazione di donne che salgono sugli autobus con uno spillone nascosto nella manica per dissuadere quelli che non hanno ancora perso il vizio della mano morta; in Cina racconto di uno scienziato che ha costruito il robot più simile all’essere umano, gli ha dato le fattezze di una donna e lo ha programmato in modo tale che per prima cosa questo robot si è inginocchiato davanti al suo creatore dicendo “mio signore e padrone eccomi al tuo servizio”. È una frase che gli uomini cinesi si sono sentiti dire dalle loro donne per secoli ma adesso per sentirla hanno dovuto fare un robot”.

Come spiega la crescita negli ultimi anni degli episodi di femminicidio?

“Non sono sicuro che ci sia una crescita, finalmente se ne parla. Fino all’81 esisteva in Italia il delitto d’onore, per cui chi trovava la moglie con un altro e l’ammazzava non finiva neanche in galera. I femminicidi non è che non esistessero, non venivano puniti, non facevano notizia. Adesso ogni due giorni una donna viene ammazzata da un uomo che non accetta un rifiuto o un abbandono, uomini che si considerano proprietari del corpo delle donne, e però questo è un problema non soltanto delle donne ma degli uomini. Siamo noi uomini che dobbiamo isolare i violenti, farli vergognare, farli sentire le nullità che sono”.

Nel libro lei parla di tante figure di donne del presente e del passato. Quale l’ha colpita di più?

“Sto scrivendo uno spettacolo teatrale che verrà recitato da un’attrice molto brava, Chiara Francini, raccontando proprio le storie di queste donne che sono nel libro. Tra queste c’è Franca Valeri, grandissima, che mi ha detto “hai ragione, le donne erediteranno la terra. Speriamo che ne lascino un po’ anche a voi uomini che non siete poi così male”. Franca Valeri, ebrea, perseguitata nella Milano occupata dai nazisti, si nascondeva in una stanzina dentro a un palazzo distrutto dalle bombe. Nella stanza accanto c’era una giovane sposa anche lei ebrea. Arrivarono le SS e la portarono via e lei non è mai tornata, mentre Franca per fortuna riuscì a fuggire. E poi Rita Levi Montalcini, anche lei ebrea, mi disse “io non avrei mai vinto il Nobel se il Duce non avesse fatto le leggi razziali costringendomi a chiudermi dentro a uno stanzino sotto falso nome a studiare”. E poi la Montalcini andò in America e vide le giovani donne nere alzarsi in piedi sugli autobus per cedere il posto agli uomini bianchi, fino a quando una di loro, Rosa Parks, rifiutò di alzarsi in piedi avviando la rivolta dei diritti civili, una delle tante rivoluzioni fatte dalla donne”.

Quali donne che oggi hanno un ruolo pubblico, anche in politica, lei stima particolarmente?

“Non mi piace parlare di politica perché gli uomini e le donne in politica hanno fin troppi amici fra i giornalisti. Ci sono persone che stimo, potrei fare molti esempi. Una è Giorgia Meloni che indossa una maschera quando va in tv a battagliare ma in realtà è una persona dolcissima. Ma ce ne sono molte di donne in gamba in politica. Fuor di politica, una donna per cui vado matto è Bebe Vio, 19 anni, generazione Hermione, ha una storia fantastica: giovane promessa della scherma, a 11 anni per una meningite fulminante le vengono amputate braccia e gambe, oltre cento giorni d’ospedale, all’uscita dice a mamma e papà “datemi braccia e gambe nuove, voglio ricominciare a tirare di scherma”, e vince le paralimpiadi. Mi ha raccontato che ha costituito un’associazione per consentire ai giovani amputati come lei di continuare a fare sport – che è una cosa complicata perché per ogni sport ci vuole una carrozzina apposta, quella per il rugby non è la stessa che per il basket – e che sono quasi tutti figli di genitori separati che si sono lasciati dopo il trauma. Uno dei due genitori non ce la fa e scappa, e quello che scappa è sempre il padre. La madre è colei che resta, resiste, che guarda lontano e si prende cura. La parola “cura” è una parola chiave: qualcuno potrebbe dire “ma come le donne sono ancora relegate a prendersi cura di qualcuno”. Intanto la cura è qualcosa che va condivisa e lo sarà sempre di più. Mio padre non ha mai cambiato i pannolini a me, io l’ho fatto con i miei figli, e penso che per mio figlio sarà del tutto normale cambiare i pannolini ai figli che spero avrà. Ma più in generale la cura è anche una forma di potere, non solo perché la nostra società invecchia ma anche perché abbiamo capito che la specie umana non è immortale quindi tocca a noi insieme, uomini e donne con la condivisione dei ruoli, delle responsabilità e del potere prendersene cura. Il potere non è una parolaccia, dipende dall’uso che se ne fa: io penso che le donne faranno del potere un uso migliore di quello che hanno fatto gli uomini”.

Chi potrebbe essere il primo premier donna in Italia?

“La politica italiana è ancora un po’ troppo maschile, non credo che ci sarà a questo giro né al prossimo, ma non è una cosa così dirimente, non è ancora successo ma succederà. È già successo con la Thatcher in Inghilterra e adesso con Theresa May, è successo in Germania con la Merkel, non è successo in America dove la Clinton ha preso tre milioni di voti in più di Trump ma non è diventata presidente, però in qualche modo la storia si è messa in moto. Marine Le Pen, io non la condivido ma in questo momento è l’unico candidato sicuro di andare al ballottaggio nelle elezioni presidenziali francesi che si votano il 23 aprile al primo turno, ed è in testa alle intenzioni di voto col 26%. Le donne possono anche avere torto nel voler sfasciare l’Europa ma ormai la loro marcia è iniziata.

“Senza la donna, non c’è l’armonia nel mondo” ha detto il Papa in una delle sue omelie a Casa Santa Marta. Che contributo può dare questo Pontefice al riconoscimento del valore della donna?
 
“Non c’è dubbio che il Papa stia facendo molto, l’idea della donna diacono è interessante, la Chiesa cattolica ha recuperato un po’ il ritardo. In tutte le culture la donna è il tramite tra l’uomo e Dio, la sacerdotessa, la vestale. Nella religione cattolica la donna non può fare il sacerdote, io personalmente non capisco perché, ma questo non è mestiere mio. Vedo però che il Papa ha fatto passi avanti importanti, ma già da tempo la Chiesa ha superato il pregiudizio negativo che in passato ha avuto nei confronti della donna, e mi piace ricordare che nella Bibbia Dio dice al serpente: “io porrò inimicizia tra te e la donna e la donna ti schiaccerà il capo”. Quindi è la donna che distrugge il male, non l’uomo”.

Si è da poco concluso il programma da lei condotto su Rai Storia dedicato ai “Grandi Discorsi della Storia”, i discorsi pronunciati da leader politici italiani e di altri Paesi, presidenti, Papi, donne coraggiose, pensatori. Una puntata è stata dedicata alle donne: quale figura l’ha colpita particolarmente?

“Ho parlato di Margareth Thatcher, Nilde Iotti, Aung San Suu Kyi, Malala Yousafzai, Benazir Bhutto, Indira Gandhi, Rosaria Costa, vedova di Vito Schifani, l’agente della scorta del giudice Giovanni Falcone ucciso nella strage di Capaci. Lei in particolare pianse il suo dolore in chiesa dopo l’assassinio del marito, fece quel grido verso la mafia con il coraggio che viene dal dolore. Benazir Bhutto (due volte primo ministro pakistano) e Indira Gandhi muoiono assassinate, e Malala rischia di essere uccisa. Questa forza morale che nasce dal dolore è una cosa che non mi sorprende perché le donne hanno una capacità di resistenza pazzesca, non si arrendono mai, non perdono la speranza. La grande maggioranza di suicidi è di uomini che perdono la speranza. Le donne salvano gli uomini dal suicidio. C’è questa storia molto bella che racconto nel libro, di una ragazzina, Francesca, che in un paesino vicino Lecco ha sostenuto il padre che era un piccolo imprenditore oppresso dai debiti e che si era già impiccato. Lei lo ha abbracciato e lo ha tenuto su finché non sono arrivati i soccorsi e gli ha fisicamente salvato la vita”.

 

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